PUBBLICAZIONI FUORI COLLANA

PITTORI DELL'ANIMA

di Tino Sangiglio

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PITTORI DELL'ANIMA - COPERTINA Per lungo tempo il provincialismo culturale si è caratterizzato, anche in quest'angolo estremo del nord-est italiano, dall'insistenza eccessiva su nomi di scrittori ed artisti locali senza una valutazione compiuta della loro opera nel più vasto contesto nazionale ed europeo. Un atteggiamento dettato anche da obiettive situazioni di emarginazione soprattutto a partire dal dopoguerra quando Trieste e la Venezia Giulia, di fatto, si sono trovate completamente al di fuori dei nuovi centri del potere mediatico concentrato nelle mani di pochi. La sensazione che l'Italia - anche quella culturale - finisse a Venezia come le linee dirette dei treni si è lentamente trasformata in una realtà di fatto. Scomparsi dalla scena alcuni personaggi di peso della critica d'arte - i triestini Garibaldo Marussi e Gillo Dorfles - che si erano assunti il compito di introdurre e seguire sulla scena nazionale gli artisti giuliani, venuti a mancare alcuni dei più importanti nomi di pittori e scultori - Marcello Mascherini in primis - capaci di dar vita a gruppi e ad iniziative di largo seguito, il mutato criterio di gestione delle poche autorevoli vetrine dell'arte contemporanea italiana, come la Biennale di Venezia, la Quadriennale romana e alcuni grandi Premi tradizionali, complice anche l'enorme peso assunto dagli interessi commerciali di lobbies che hanno imposto sul mercato nomi e tendenze creando di sana pianta valori (?!) e nuove tendenze estetiche, hanno fatto sì che ben pochi artisti giuliani siano riusciti ad emergere e ad imporsi negli ultimi decenni. Dopo la Biennale del 1948 è iniziato un progressivo oblio e una disinformazione dalla quale ben pochi si sono salvati con grande impegno personale. La fatica di cambiare treno a Mestre per proseguire il viaggio verso Trieste e Gorizia ha scoraggiato molti per lasciare, talvolta, spazio ad occasionali viaggiatori culturali che con la loro superficialità non hanno certo contribuito a migliorare la situazione. Oggi il nuovo provincialismo ha trovato insospettabili alleati anche tra coloro che gestiscono quei pochi centri culturali che contano a livello regionale tant'è che si è creata una vasta area di omissione sia verso artisti ormai "anziani" che verso la generazione che ha iniziato ad operare successivamente agli anni Sessanta e Settanta nell'errata concezione che essi non siano rappresentativi o di sufficiente valore da reggere il confronto con quanto si è andato producendo altrove. In realtà costoro, che non frequentano mai le mostre se non quelle da loro stessi allestite, di quel che si è prodotto e si produce nell'area di cui dovrebbero essere a servizio sanno poco o nulla. Si è così compiuta un 'operazione che ha danneggiato una generazione - e forse più d'una - e che ha ridotto di molto agli occhi del pubblico nazionale e delle nuove generazioni anche a livello regionale il panorama artistico giuliano dal quale sono stati cancellati o respinti a margine pittori e scultori di ottimo livello degni di figurare con successo in qualsiasi contesto. Non sono pochi i nomi coinvolti in questo assurdo processo che si caratterizza per la duplice fuga all'indietro verso i soliti nomi consolidati dal mercato antiquario e, in avanti, con la proposta di alcuni che forse avrebbero dovuto rimanere ancora per qualche tempo maturare sul campo. Tra i dimenticati cito, per fare qualche esempio, Adriano e Tristano Alberti, Lilian Caraian, Romeo Daneo, Michelangelo Guacci e il fratello Antonio, Carlo Hollesch, Nino Perizi, Sigfrido Pfau, Mario Sartori, Sergio Sergi, Giulio e Louis Toffoli, Mario Tudor, Giustino Vaglieri, Mario Zol. Mi sono limitato ad elencare solo alcuni evitando di fare nomi di artisti ancora viventi ed attivi verso i quali una colpevole disattenzione ed una grande ignoranza delle vicissitudini dell'arte contemporanea di queste terre rischia di tramutarsi in damnatio memoriae anzi tempo. Artisti, si badi bene, che hanno avuto od hanno alle spalle mostre estremamente selettive a livello nazionale ed internazionale, le cui opere sono in musei e collezioni private di grandissimo prestigio, alcuni dei quali figurano nelle più valide storie dell 'arte contemporanea italiana del Novecento. Provincialismo è allora dimenticarli, sfoggiare nei loro confronti uno snobismo fuori luogo, per correre dietro a talenti, spesso sedicenti, osannati da critici e galleristi con cui intrattengono lucrosi business e il cui valore artistico consiste molto frequentemente nell'orecchiare in "tempo reale" questa o quella tendenza di moda complice internet. Forzare nei loro confronti l'interesse del pubblico, magari con il determinante apporto del danaro pubblico ormai sempre più affidato senza alcun criterio selettivo a questo o quel organizzatore di eventi culturali nel cui curriculum conta il grado di conoscenza, amicizia o parentela con chi ne dispone liberamente residendo nella stanza dei bottoni, non è operazione culturalmente valida, ma semplicemente esercizio di potere. Procedimenti oggi possibili più che in passato poiché la selezione non esiste più ed i meriti non contano niente. Molte volte ho detto e scritto - per fortuna non più solitariamente ma ormai in compagnia di indiscutibili critici e storici dell'arte contemporanea - che il mondo delle arti è precipitato non solo nella più assoluta frammentazione ed anarchia ma è sottoposto alla più brutale manipolazione da parte di gruppi di interesse che lo trattano come un qualsiasi prodotto da commercializzare per trarne, al di là del valore intrinseco, il maggior profitto possibile. Il risultato è una confusione totale, il più completo disorientamento, il proliferare di assurdi mercati televisivi in cui abili imbonitori spacciano prodotti fasulli e discutibili che i soliti poveri gonzi di turno acquistano convinti di entrare in possesso di capolavori per ritrovarsi invece con morchia della peggior specie.
Davanti a tale situazione si può fare poco se non proprio nulla. Bisogna aspettare che la follia passi, che riemergano i valori, che la parola "arte" riacquisti un valore specifico uscendo dall'ambiguità in cui è stata precipitata. O, al massimo, si può fare ciò che alcuni, tra cui il sottoscritto, vanno facendo da anni: una guerra di trincea, una resistenza che aspettando tempi migliori e un ritorno all'onestà intellettuale, raccolga gli elementi utili del recente passato e del presente conservando nomi e percorsi artistici che, a vari livelli, servano da testimonianza di ciò che è stato fatto di buono nell'area giuliana.
In questo senso, ma non è una novità, Tino Sangiglio ha raccolto una serie di schede critiche su una ventina e più di artisti isontini e triestini. Una scelta che non è una graduatoria di merito, che non si presenta come esaustiva - altri nomi potrebbero benissimo essere aggiunti e alcuni potrebbero tranquillamente essere omessi - e che tuttavia assolve, per quel che gli compete, al ruolo di testimonianza del suo lavoro di critico militante e di operatore culturale. Sono schede di artisti - con la sola eccezione di Timmel - operanti nel dopoguerra, alcuni già scomparsi, altri fortunatamente tuttora attivi. Schede di varia lunghezza, dedicate soprattutto all'analisi dei contenuti e dei linguaggi, da cui il titolo del volume "Pittori dell'anima", che Sangiglio realizza con la felicità di linguaggio che gli viene dalla sua lunga attività di poeta e saggista. Testimonianza perciò di un modo di scrivere d'arte comprensibile, persino godibile, che aiuta il lettore ad orientarsi e ad approfondire. Un'operazione proprio per questo di controtendenza, all'opposto del provincialismo di cui sopra e nella giusta ottica di valorizzazione dei pittori triestini e goriziani dei quali si occupa, e perciò utile davvero in attesa di tempi migliori.

Claudio H. Martelli

Tino SangiglioTino Sangiglio, nato in Grecia, è stato per un decennio Direttore delle Attività e delle Istituzioni Culturali del Comune di Trieste. Attualmente è visiting professor all'Università di Trieste di poesia neogreca che ha ampiamente analizzato e tradotto con diverse antologie e monografie di singoli poeti con il parallelo supporto di contributi critici. Ha tradotto gran parte dei lirici greci antichi e tutto il corpus pervenutoci della poesia greca femminile dell'antichità. Nei campo della francesistica ha studiato in modo particolare Baudelaire e alcune figure di rilievo della Rivoluzione francese. Ha pubblicato libri di poesia, narrativa, saggistica storica e critica d'arte. Dirige la rivista letteraria Il banco di lettura, il semestrale d'attualità Il Territorio e alcune collane editoriali. Nel 2001 ha fondato e istituito l'Archivio storico dell'arte contemporanea della Bisiacaria a Turriaco (GO) dove dal 1994 vive ed opera.

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