LUNARIETTO 2000

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LUNARIETTO 2000Con passo garbato e silenzioso, com'è nel suo costume, il Lunarietto Giuliano entra nel Duemila. E' il sesto della serie, cominciata nel 1995, quando, affacciandosi timidamente all'orizzonte dei periodici giuliani, pochi erano disposti a pronosticargli un'affermazione così significativa. Durerà un anno e scomparirà!, dicevano. Invece siamo all'inizio del nuovo Millennio, altre testate sono comparse e scomparse, ma il Lunarietto è ancora presente, stesso formato, stessa organizzazione interna degli argomenti e - non meno importante - immutato il modestissimo prezzo di copertina, col quale si era presentato al suo primo apparire. Oggi è tuttavia migliorato in eleganza, nei contenuti, nella copertina che si rinnova di anno in anno, e nelle illustrazioni che alleggeriscono la pagina. Di ciò va lode ai laboriosissimi curatori e collaboratori, all'attenzione che pongono nella redazione per offrire ai lettori un "documento per un anno", a prova della validità della cultura nostrana. Ai quali lettori si affida il nuovo volumetto, con l'augurio che diventino sempre più numerosi, costituendo la sola garanzia perché il Lunarietto duri anche... nel nuovo Millennio.

Manlio Cecovini

 

 

ITINERARI - Val Rosandra

La valle che s'addentra dal vallone di Muggia verso l'altipiano carsico ebbe origine dalla erosione provocata dalle acque superficiali che il torrente Rosandra ancor oggi - tra cascate, salti e laghetti - convoglia al mare. Anche se di rude bellezza essa affascina per la ricchezza della vegetazione prevalentemente alpina e della fauna che la popola. Per secoli corse proprio qui il confine tra i territori di Trieste e quelli veneti dell'Istria: due castelli, le cui rovine ancora oggi si affrontano arroccate in posizioni dominanti, Mocco e San Servolo, furono protagonisti di epiche battaglie e imprese gloriose. A centocinquant'anni dalla caduta della Serenissima la valle si e trovata nuovamente attraversata da un confine di Stato. Le ripide imponenti pareti rociose sono da vari decenni palestra alla locale scuola di roccla. (da Laura Loseri Ruaro, Atmosfera di Trieste, Ed. Fachin, 1985).

Poi quando le campane furono caricate sul camion, pronte per essere trasportate nei centri di raccolta, don Eugenio piangeva e con lui molti altri. La Amabile Aiza andava in giro a chiedere: "Como faremo des andar a messa ?" Quando il camion si mise in moto ed inizio il suo viaggio verso la fonderia Broili di Udine, tutti salutarono le campane con le braccia alzate. Uno gridò "Addio campane, ve sona de batizo, de festa e de mort e des no ve sentiremo mai piu !" Altri inviavano baci e altri ancora si facevano il segno della croce. Quando la sera gli operai del Cantiere ritornarono a casa, il fatto venne raccontato loro in diverse maniere; ne riportiamo una che ci è sembrata piu significativa di altre: "Al governo talian, quel sporcacion, al ne ga porta via le campane e al spera cussi de vinzar la guera". Le nostre due campane, anche se per alcuni anni ancora, furono viste e segnalate giacenti presso la Fonderia Bertoli di Udine, non ritornarono mai più a Turriaco. Soltanto dopo la guerra furono sostituite con altre, belle come le prime.

Vittorio Spanghero

UN PO' DI STORIA
Come Turriaco perse le sue campane

La mattina del 7 ottobre 1942, alla gente che passava per la piazza i quel momento non passò inosservato il fatto che cinque o sei persone stavano armeggiando sul campanile attorno alle campane. In breve, la voce che la campana grande, San Rocco e quella piccola, San Cornelio sarebbere state requisite dal Governo per far fronte alle esigenze di guerra, fece il giro del paese. A mezzogiorno sotto il campanile si erano radunate, tra grandi e piccoli, un centinaio di persone. Tutti erano disperati. Quando ci fu il momento dello stacco vero e proprio delle campane dal castello, un brivido percorse tutti. Qualcuno con il groppo in gola grido rivolto agli operai: "Ande a casa!" Altri sottovoce rabbonivano: "Lori no i a colpa, i fa al so lavor!" Intanto in giro si diceva che in qualche paese, gli addetti al recupero delle campane, per non perdere tempo, le avessero scaraventate giù dai campanili in malo modo facendo nascere pel questo sentimenti di disprezzo contro gli operai e di pietà verso le campane. Don Eugenio, parroco di Turriaco, pregò insistentemente i lavoranti affinchè calassero le due campane lentamente usando tutte le cautele necessarie per non rovinarle. Quando furono a terra molti corsero vicino per vederle meglio, per toccarle, alcune vecchiette si chinarono a baciarle. Il farmacista Vasco Pascolutti fece loro alcune fotografie mentre un gruppo di bambini si mise a correre attorno alla chiesa gridando "Campane partera persa la guera, campane partera persa la guera !!"

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pagine composte da studioimaginis di Trieste