LUNARIETTO GIULIANO 2009
a cura di Noella Picotti
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Copertina Lunarietto 2009
Studio Imaginis
TINO NON CI HA LASCIATO

Il Presidente Sangiglio decedeva in un incidente stradale il 20 agosto 2008, durante la composizione di questo Lunarietto 2009.


Abbiamo conosciuto Tino nella sua veste più brillante anche se appesantito dai suoi gravi problemi familiari. Era un uomo che sembrava non avere età, giovanile, dinamico da far invidia a chiunque, con un grande, continuo ossessivo desiderio di cultura e di sapere, da dare e da ricevere. Nella sua abitazione era travolto da libri dai soggetti più vari.
Dario Padovani
Presidente f.f.
La cosa che traspariva a chi lo incontrava era la quantità del "da fare" da più parti e una mal celata fretta; ne aveva sempre avuta tanta che non era mai riuscito a prendere la patente e utilizzava quel suo piccolo mezzo che ne segnò la fine. Apprezzabile era il suo garbo nel porgersi, nel mentre era amico e consulente con i suoi collaboratori, sostegno e partecipe delle altrui iniziative. Non gli mancava il coraggio nell'affrontare situazioni di confronto con coloro che dissentivano dal suo pensiero. In tale contesto era tuttavia prudente, sempre col dubbio che le scelte avrebbero potuto coinvolgerlo in atteggiamenti politici o di partito. La sua convinzione era che la cultura non aveva colore e pertanto non voleva svenderla, pensiero che era già nel suo DNA di greco, ai cui filosofi spesso amava riferirsi. Cercava la puntualità ed il rispetto dei tempi suoi e degli altri, nelle cose pratiche in particolare. Era antico nelle abitudini, come un signore di un tempo, preferiva la penna al computer e le e-mail le usava solo per dovere, ma non aveva alcuna dimestichezza con gli allegati. Ha lasciato l'Istituto Giuliano in un clima di grande armonia e spirito di condivisione degli obiettivi, fatto che ha permesso al Consiglio Direttivo di continuare il suo progetto come se fosse ancora tra noi.
PRESENTAZIONE

É dunque questo il quindicesimo Lunarietto che esce di fila, senza interruzioni, ogni anno dal 1995, offrendosi allo scadere dell'annata come piccolo, fedele amico per regalarti, amabile lettore, preziosi momenti di
allegra compagnia, di piacevole informazione, di divertente documentazione. E lo fa come ogni lunario che si rispetti, nel suo formato tascabile, nella sua trattazione popolare, alla portata di tutti, con il suo modico costo. Esattamente come succedeva nella prima pubblicazione di questo tipo che risale al lontano 1762: erano vademecum che raccoglievano informazioni utili per chi lavorava nei campi ma anche per chi viveva in città o in paese, da consultare durante l'anno. C'era così il calendario con le fasi lunari e oltre alle notizie relative ai lavori dei campi e degli orti anche notizie e previsioni sui fatti del mondo, sulla religione, la politica, spesso anche in forma di racconti o di poesie. esattamente come il nostro Lunarietto giuliano, ovviamente mutatis mutandis, con le sue rubriche o sezioni ormai "classiche" che spaziano da "itinerari" a "un po' di storia", da "tempi andati" a "ricorrenze", dalle storielle facete ai poeti giuliani e ai documenti più curiosi e stravaganti.
E' dunque il nostro Lunarietto un moderno Barbanera, che era il più famoso e più antico dei lunari. Infatti il primo Barbanera uscì a Foligno nel 1762 esordendo con un famoso Discorso Generale, una specie di summa di previsioni e consigli per l'anno a venire. Nel 1793 da semplice foglio che si appendeva al muro diventava un libretto e da allora, nell'Italia tra '700 e '800, il Barbanera cominciò ad essere un'istituzione, una sorta di "vangelo" soprattutto per i ceti rurali, ricco di notizie di agricoltura, meteorologia, astronomia e previsioni ma anche di consigli pratici, di informazioni curiose, di aneddoti e storielle: un po', insomma, come il nostro Lunarietto. Da allora il Barbanera ebbe sempre più numerosi e affezionati lettori; e tale fu la sua notorietà da travalicare ben presto i confini di Foligno. Venduto nelle fiere e nei mercati da cantastorie e venditori ambulanti, il Barbanera si acquistava a partire dal mese di ottobre. Entrava così nelle case di tutti e non mancò di affascinare illustri personaggi di epoche diverse, dal celebre architetto Giuseppe Piermarini, progettista del Teatro alla Scala di Milano, a Gabriele D'Annunzio che così scriveva in una lettera del 27 febbraio 1934 al parroco di Gardone: "La gente comune pensa che al mio capezzale io abbia l'Odissea o l'Iliade o la Bibbia, o Flacco, o Dante o l'Alcyone di Gabriele D'Annunzio. Il libro del mio capezzale è quello ove s'aduna il 'fiore dei Tempi e delle Nazioni': il Barbanera". Al Vittoriale, la casa di D'Annunzio sul Garda, tra gli oggetti cari al poeta, si conserva ancora oggi la collezione dei Barbanera così come varie lettere in cui l'astronomo di Foligno viene spesso citato.
Così, sulla scia del Barbanera sorsero tanti altri analoghi libretti diffusi un po' in tutta Italia e in ogni regione avevano nomi diversi: ad esempio il Pescatore di Chiaravalle diffuso nelle Marche, in Emilia ma anche in altre regioni, perfino in Sardegna; il Pescatore Reggiano di Reggio Emilia; il Barba nera dell'editore Campi di Foligno; il Luneri di Smembràr fatto a Faenza in Romagna; il Barba nera dell'editore tipografo Luigi Parma di Bologna e successivamente il Lunario Bolognese di Piazza Marino. Poi nacquero i calendari che riportavano informazioni e notizie come quello del celeberrimo Frate Indovino, al secolo padre Mariangelo da Cerqueto (PG).
E poi il nostro Lunarietto che si diffonde in tutta la Venezia Giulia e di queste terre riporta avvenimenti storici importanti o minori o magari dimenticati, mantiene vivo il ricordo dei suoi figli più illustri, perpetua tradizioni e consuetudini che il tempo tende a cancellare, evoca epoche, fatti e personaggi che ne hanno ritmato la vita quotidiana; e come i suoi storici predecessori, il nostro Lunarietto è così diventato un misuratore dei nostri tempi moderni ma anche specchio della nostra epoca, riflesso dei cambiamenti sociali, politici e culturali. E come il Barbanera da duecento anni, così il Lunarietto giuliano da ormai vent'anni si collega alle tradizioni con la sua svagata ma profonda filosofia che si basa sulla qualità della vita, sull'armonia tra le cose e il mondo in cui l'uomo - cioè noi - vive ed opera, per scoprire insomma il lato buono e positivo della vita e per ricordare che la felicità è quella piccola e semplice, quella che si costruisce e si vive giorno per giorno.
Tino Sangiglio
Un po' di Storia - da pagina 14

I "cerini" nel Territorio Libero di Trieste
Da un articolo apparso sulla stampa locale del 28 gennaio 1949. "Dare  del <cerino> a un poliziotto non costituisce reato. E' quanto stabilisce l'esito di un processo penale svoltosi presso la Sezione d'Appello del tribunale. I fatti risalgono al luglio dello scorso anno, quando una comitiva di giovanotti un po' allegri intonava delle canzoni a bordo del tram n°2.  Poco dopo era salito sul mezzo un Ispettore dell Polizia civile e uno dei ragazzi, tale Marcello Pazzara, l'aveva salutato con l'epiteto di <cerino>.  Il poliziotto, ritenendosi offeso, aveva chiamato altri colleghi e fatto arrestare il giovane, che era  stato successivamente condannato  a sei mesi e quindici giorni di reclusione e a 5.000 lire di ammenda.  Il suo ricorso contro la sentenza viene ora accolto  in quanto il suo comportamento <non costituisce reato poiché è ormai entrato nel linguaggio d'uso comune.> " Perché questo epiteto irridente coniato per il corpo della Polizia civile che il Governo Militare Alleato nel 1945 aveva istituito nel Territorio Libero di Trieste?  Solo perché indossava una divisa scura e un elmo bianco?  Forse andò proprio così, una battuta spiritosa, in quanto l'accoglienza della popolazione all'inizio fu per lo più favorevole.
Ma questo atteggiamento si trasformò in avversione, quando i "cerini", cittadini di un territorio occupato,utilizzati dagli occupanti per mantenere l'ordine nello stesso territorio, furono impiegati in azioni sempre più repressive nei riguardi della cittadinanza, in occasione soprattutto di scioperi e di manifestazioni di italianità. A questo scopo fu istituito anche un   nucleo mobile, anti - sommossa, armato di carabine e gas lacrimogeni, che fu protagonista dei tragici fatti del marzo 1952 e del marzo - novembre 1953, durante i quali persero la vita sei giovani studenti e centinaia furono i feriti. I "cerini" furono considerati dei traditori  e forse la reazione eccessiva dell'Ispettore della Polizia civile che fece arrestare il giovane per averlo chiamato "cerino", nasceva già allora da un malcelato atteggiamento di difensiva nei riguardi della popolazione.
Granellini di sabbia - da pagina 30

Un po' di Maldobria

Il famoso febbraio del Ventinove ha ispirato anche una Maldobria di Carpinteri e Faraguna, intitolata "Inverno 1929".
Sior Bortolo racconta a siora Nina l'avventura che gli è capitata in una sera di freddo polare.  L'avvocato Miagòstovich si è presentato a casa sua tutto agitato: il suo pastore tedesco è sparito!  Bisogna andare a cercarlo......

- Insoma son andà: un fredo! Quel iera genìco! Nove de sera, fina in vale son andà.  Sempre ciamando <Wolf, Wolf>.
- Se ciamava el can, Wolf?
- El can, sì, se ciamava.  Insoma arivo in vale, fin là dove che xe la casa nova.  E in mezo dela neve lo vedo cufolado: povera bestia, del fredo gnanca no'l me conosseva.  E sì che con mi el iera proprio intriseco. <Vien, vien... vien!> ghe digo mi.  No'l gaveva gnanca el colarin più.  Alora me go cavà el cinturin dele braghe, ghelo go passà intorno al colo e un poco in brazzo, un poco strassinandolo e un poco a piade son rivà a casa del avocato.
- Chissà che contenti, ah, l'avocato
Miagòstovich e siora Iginia!
- Spetè.  Mi ghe zigavo dal cortivo: <Lo go trovà!>  E lu: <Sì.  Sì, trovà, trovà. Vignì>.  Insoma vado su col can e l'avocato Miagòstovich de su dele scale me fa: <Pecà, Bortolo, che ti ga ciapà tanto fredo.  Ti sa dove che iera quel malignazo can?  Là dei legni.>
- Come, là dei legni?  No lo gavevi trovà in vale?
- Spetè, spetè.  Insoma mi vado drento zucandome drio 'sto can e me cori incontro, tuto fazendome feste, Wolf.
- Alora gavevi trovà un altro can?
- Spetè. Spetè.  'Sto can che gavevo trovà mi el cori verso el fogo e 'l se cucia là, toco de bestia che el iera, e a un zerto punto, co'l se ga ben scaldà, el alza la testa come per vardar el lume sul plafòn e el fa: <Uuuuuuh!>
      Siora Nina, mi go capì subito: go ciapà l'avocato per un brazo, siora Iginia per quel'altro, semo corsi fora e go serado la porta a ciave.  Siora Nina, un lupo, iera.  Un lupo calà zò de Monte Magior.  Se ga savù dopo.  Nel Ventinove i lupi, stremidi de fredo, rivava fin in paese. Specialmente po' co' i trovava un mona come mi, che li portava in brazzo davanti el fogo.


Da: Carpinteri & Faraguna, Le Maldobrie, Ed. de La Cittadella - Trieste 1967
Si andava "in cine", non per vedere il film premiato a Venezia, a Cannes, a Los Angeles nella lunga notte degli Oscar, ma per vivere assieme agli altri un proprio momento di evasione e di sogno.  Quasi tutti i vecchi cinematografi sono scomparsi per lasciare il posto alle multisale, di piccole dimensioni, dove si ha l'impressione di essere sempre soli, perché le comode poltroncine inghiottono gli altri eventuali spettatori.
Certo, non si entra più in una specie di camera a gas, dove il fascio di luce proveniente dalla cabina di proiezione pare un fascio di nebbia; certo, la varietà della scelta non ci obbliga a vedere film scadenti o deprimenti.  Ma allora, perché le statistiche dicono che gli Italiani vanno al cinema, in media, due volte all'anno?  Colpa della televisione?  Certamente sì, e del costume che essa ha introdotto nel circoscrivere le nostre emozioni all'interno delle nostre case.  Se il film "Nuovo Cinema Paradiso"  ha avuto tanto successo, è anche perché ha suscitato nostalgie e commozioni, come le può suscitare la facciata del vecchio Cinema "Italia" di Sagrado.
Questa cittadina, negli anni antecedenti la Grande Guerra, era un centro prosperoso, ricco di industrie, meta turistica di funzionari dell'Impero e di ricche famiglie triestine, attirate anche da un importante centro di cure elettroterapiche.  I facoltosi clienti alloggiavano all'Albergo Vittoria, proprietà della famiglia Pian; qui ebbero luogo le prime proiezioni cinematografiche, qui il pubblico potè ammirare i primi divi del cinema italiano e le star nordiche, particolarmnte amate nei territori asburgici.
Dopo la guerra, la sala della proiezioni era ancora all'interno dell'Albergo Vittoria e soltanto nel 1921, nella piazza di Sagrado, venne costruito il Cinema "Italia":   una elegante facciata stile liberty, impreziosita da affreschi e da una elegante balaustra in ferro battuto con le iniziali FP ( Fratelli Pian).
Durante tutti gli anni Trenta le tre proiezioni settimanali offrivano agli abitanti di Sagrado svago o occasione di sognare, nel vedere i film del grande cinema hollywoodiano.  Il sogno americano andò lentamente svanendo, per lasciare il posto a opere di propaganda e, durante la seconda guerra mondiale, soltanto a pellicole provenienti dai paesi alleati del terzo Reich.
Nel dopoguerra il Cinema "Italia" visse ancora un breve periodo di popolarità, ma quando la sua sala aprì le porte alla concorrenza, ospitando Mike Bongiorno e "Lascia o raddoppia?", il Cinema "Italia" iniziò la sua agonia, che si concluse verso la metà degli anni Sessanta. L'edificio fu ristrutturato e trasformato in un bar.
Curiosità - da pagina 134
Tempi andati - da pagina 66
Il Cinema Italia a Sagrado
Hanno scritto di noi:
Dal PICCOLO di TRIESTE del 15 dicembre 2008
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La presentazione del Lunarietto 2009 si è tenuta il 3 dicembre '08  nella sede dell'Istituto con il contributo di: Paolo Quazzolo e Ariella Reggio
Paresantazione del Lunarietto 2009 - 3 dicembre 2008 a Trieste
Ariella Reggio legge brani dal Lunarietto 2009
Ascolta la registrazione integrale della Presentazione del Lunarietto Giuliano 2009 con brani letti dall'attrice triestina
Ariella Reggio (64 minuti).

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