LUNARIETTO GIULIANO 2007 a cura di Mariuccia Coretti |
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Caro lettore, hai in mano il Lunarietto
giuliano 2007 giunto alla sua tredicesima edizione (pensa te: è dal 1995 che
esce regolarmente, anno dopo anno) nella sua consueta veste di piccolo ma fornitissimo
almanacco. E nel solco degli almanacchi il Lunarietto giuliano si inserisce
a giusto e pieno titolo, continuando così, tra l’altro, un’antichissima tradizione
da sempre fiorente in Italia. Furono gli Arabi, come noto, a dare il nome
di almanacco (al-manakh) a un tipo particolare di carte astronomiche nelle
quali si poteva stabilire il giorno della settimana in cui cadeva una data giornata
dell’anno e la posizione del Sole e della Luna in ogni giorno dell’anno (da
qui dunque anche il nome di lunario e quindi di lunarietto). La parola si affermò
nel secolo XIII dapprima in Inghilterra con Ruggero Bacone (ca. 1214-93),
il famoso Doctor mirabilis, uno dei sostenitori più accaniti di nuovi metodi scientifici
basati sull’esperienza, e in Provenza con la traduzione delle tavole
astronomiche dell’Almanach perpetuum per poi diffondersi in Europa nei secoli XIII
e XIV assumendo anche il significato di calendario. Era l’inizio di una fortuna
che dura fino ai giorni nostri. La pubblicazione del primo almanacco italiano
durò dal 1554 al 1844 e numerosi furono gli almanacchi popolari, sempre più
pensati e redatti dunque in funzione degli strati sociali che anche tramite questo
tipo di pubblicazione potevano perseguire la conoscenza e l’emancipazione:
così dall’almanacco del Benincasa del 1612 deriva il famoso Barbanera di Foligno,
uscito per la prima volta nel 1743 e ancora oggi presente (e dunque il Lunarietto
giuliano per riuscire ad eguagliarlo dovrà uscire fino al 2271!). |
Strepitoso fu il successo
del Barbanera che interessò infatti - e lo fa fino ai giorni nostri - larghi
strati popolari per i motti, le ricette tradizionali, gli aneddoti riportati
e soprattutto per oro- scopi e predizioni, molto spesso risultati azzeccati.In
questo solco storico, come dicevo, s'in- serisce il nostro Lunarietto che offre,
dato che i tempi e le esigenze sono radicalmente cambiati, nelle sue ormai
tradizionali rubriche, una piacevole documentazione di costume, di cultura e di
storia riguardante la Venezia Giulia che non viene trascurata in nessuna delle
sue componenti, piccole o grandi che siano: Trieste e Gorizia, in primis ovviamente,
ma pure Monfalcone e la Bisiacaria, Muggia e Grado. In tal modo il Lunarietto
diventa una vivace e sollecitante passeggiata, per una vacanza dello spirito
e della memoria, attraverso i secoli per cogliere motivi d’interesse, di curiosità
e di relax, che sono poi gli stessi che ci sollecitano quando andiamo,
appunto, in va- canza. E quante le occasioni e quanto varie ed interessanti: si
pensi ad anniversari che cadono in anni con il “7” come il Trattato di Campoformido
del 1797 che sancisce la fine della potenza della Repubblica di Venezia,
la morte di Giosue Carducci (1907), di Umberto Saba e Virgilio Giotti (1957) nonché
di Victor de Sabata (1967) e di Giorgio Strehler (1997), la morte del glottologo
G.I. Ascoli (1907), di Carlo Michelstaedter (1887) e del pittore Luigi Spacal
(1907). |
Mariuccia Coretti |
Tratto da: RICORRENZE pag. 8 |
Ascoli, il padre della moderna glottologia |
Graziadio Isaia Ascoli è considerato uno dei figli più illustri di Gorizia dove nacque
il 16 luglio 1829. Glottologo ed orientalista di fama mondiale, tenne la
cattedra di Linguistica comparata presso la Facoltà di lettere e filosofia dell'Università
di Milano dove morì il 21 gennaio 1907, cittadino ono- rario di quella
città. Maestro della glottologia italiana e fondatore dell'Archivio glottologico italiano, profuse il suo sapere in numerose opere di grande valore nel campo delle scienze linguistiche (tra l'altro nel 1863 per primo formulò la dizione della Venezia Giulia) e le sue ricerche contribuirono non poco alla comprensione di testi letterari che diversamente sarebbero rimasti muti. Così nell'edizione del 22 gennaio 1907 il "Corriere Friulano" dava la notizia della sua scomparsa: É col dolore più vivo dell'anima che scriviamo la luttuosa parola: Graziadio Ascoli non è più. É spento l'uomo, che fu l'orgoglio più puro della nostra terra, quello che ne resterà per sempre la fulgida gloria, che fece scintillare così alto e lontano il nome della sua piccola patria da farla per Lui nota e invidiata nelle sfere più alte e serene di quella scienza che è ai popoli madre e maestra nelle origini del linguaggio e nei suoi svolgimenti attraverso i secoli. Quello spirito che tutto intendeva, ora tace nella immobilità della morte. Quel cuore che non aveva mai cessato di palpitare con noi in un supremo amore di patria, ora non dà più palpiti. La mente umana si ribella a questa vittoria della materia bruta sulla imma- terialità più luminosa che sia, quella della potenzialità dell'ingegno. Ed un grande sconforto vince l'animo, né basta al compenso l'immortalità del nome affidata all'imperitura grandezza dell'opera. Di quest'opera parleranno quanti gli sono emuli, quanti gli furono discepoli appas- sionati, quanti in inestinguibile riverenza lo intesero. |
E ancora: la disfatta di Caporetto (ottobre 1917), l’esodo degli Istriani e quello
dei Monfalconesi verso l’ex Jugoslavia (1947). Ma poi le sollecitazioni sono
infinite, basta scorrere le pagine del Lunarietto: la borsa nera a Trieste negli
anni ’40, l’opera di Ireneo della Croce, il primo storico di Trieste, la presenza
dei Templari a Muggia, Carlo de Marchesetti e i “suoi” castellieri, la tragica
Risiera di San Sabba, l’arrivo a Gorizia di Antonio Casanova e di Edmund Halley,
l’astronomo che studiò la cometa che porta il suo nome e che a Gorizia venne
per rinforzare il bastione del Castello, la visita a Trieste di Edmondo De
Amicis, ancora fresco dell’enorme successo del suo Cuore, la cerimonia del liston
nel Corso e poi in Viale, le nozze carsiche contadine, il Vino della Pace creato
a Cormons. E poi: la storia della statuetta di Giovanin in Ponterosso, le
leggende sul cinciùt, l’antica professione del gùa e tanto buonumore triestino
e bisiaco. Hai cosa scegliere insomma, caro lettore, tra tanto bendidio: l’augurio
è dunque che questa piacevole passeggiata ti sia viatico per un fervido, sereno
e provvido 2007! Lunarietto giuliano 2007 - a cura di Mariuccia Coretti, Istituto Giuliano di Storia, Cultura e Documentazione,
pp. 152, € 5,00 |
Il Presidente dell'Istituto Giuliano Tino Sangiglio |
Di Lui e della vita da Lui percorsa diremo e diranno tutti, ma oggi noi non possiamo
che associarci al lutto della scienza da Lui diserta, al lutto di quella Milano
che a sé lo aveva attratto per la gran luce d'intelletto che da Lui rifulgeva,
dell'Italia che lo riconobbe per figlio carissimo, della famiglia sua amorosissima,
di Lui giustamente superba. Ed in quest'ora in cui sciaguratamente s'adempie quanto da mesi si andava presagendo, anche per l'età grave di oltre 77 anni, come ineluttabile sventura, noi ci sentiamo incapaci a dire di Lui altrimenti che con il pianto della sua Gorizia al funebre annunzio. E pianto e lutto è veramente, ed ansia e bisogno di esternare codesta profondità di emozione destata dalla morte del Grande. Un prepotente bisogno di manifestazione, di cordoglio si agitò in tutti gli animi dei migliori cittadini. Fu ed è codesto veramente il dolore di una grande famiglia. |
Tratto da: TEMPI ANDATI pag.50 |
Tiro a l'ou |
Il clima pasquale porta con sé, per antonomasia, un'aria di festa: il tepore primaverile,
lo sbocciare dei primi fiori, il vivace cinguettio degli uccellini,… fanno
percepire un mondo che si risveglia, che si prepara ad affrontare un nuovo
anno di vita. |
Era in questo clima che si sviluppava il gioco del Tiro a l'ou, poco noto oggi ai
ragazzi, ma tanto atteso un tempo, gioco che prevedeva una "seria" e accurata
preparazione: almeno una settimana prima i ragazzi si impegnavano per dipingere
le uova sode, pro- tagoniste del gioco, con elementi del tutto naturali come le
panocete de canp che for- nivano una pigmentazione violacea, al fior de la radicela
per una colorazione gialla e le scorze de zevola per delle ombreggiature
marroni. Una volta colorate le uova ogni ra- gazzo raggiungeva la piazza per sfidare
i propri amici con quante più uova poteva. Il gioco consisteva nel colpire
l'uovo, ben posizionato a ridosso di un muro, con una mo- neta e nel far sì
che questa si piantasse nell'"oggetto del desiderio" di molti. Le sfide erano agguerrite
e i più grandi cercavano spesso di sopraffare i piccolini e di "con-
quistare" le loro uova: "… (i grandi) senza tante parole i te fava posar l'ou soto 'l mur, distirà par longo,
i te fava contar a ti, che te veve la ganba più curta, do o tre passi via
dal mur e i tirava 'na riga par tera. De lì se doveva tirarghe 'l soldo a l'ou
e pian- targhelo drento. Ma de quel moment te podeve saludar al to bel ou, cun
tant amor invultizà ta i strazi, ziò che no 'l se ronpe tant che 'l se piturava
ta la pignata de acqua de boi. De prinzipio dut filava lis, po pian pian
un de quei garzoni grandi al se slungava de la riga squasi fin parsora de l'ou
cun quel soldo tignù strent ta i do dedi e, senza nisuna fadiga, i lu ciapava
in pien e in do e do quatro quel por ou 'l era spelà e mandà zò a sofegon.
Tenp quindese minuti e anca i do ovi che iera in scar- sela era fati fora e
iera zà ora de tornar casa mogi mogi…" come ricordano Armando Tomasin e Dorino Fabris nel mese di aprile del Calandario
dei paesi bisiachi, edizione 2001. Per non dimenticare questa bella tradizione
da alcuni anni il Circolo culturale don Eugenio Brandl di Turriaco ha pensato
di riproporre, per la Domenica delle Palme, la Gara del tiro all'uovo coinvolgendo
grandi e piccini in modo da far co- noscere ai più giovani giochi che altrimenti
con il tempo andrebbero sparendo e, nel contempo, di far tornare indietro
i più anziani ai tempi in cui erano loro quei bambini che si conten- devano un
uovo ta 'l folador de Fonda vizin de la piaza granda.
Elisa Baldo |
La presentazione del Lunarietto Giuliano si è tenuta nella sala consigliare del Comune
di Turriaco il 10 dicembre 2006 |