LUNARIETTO 2005 |
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Ma perchè i Caffè quest'anno? |
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Dieci anni or sono, nel 1995, uscimmo per la prima volta con la pubblicazione del
Lunarietto Giuliano per ricordare, in forma semplice e, pur tuttavia, emblematica,
fatti e vicende che coinvolsero noi e i fratelli giuliani nei secoli della
nostra storia. Siamo usciti per dieci numeri, ed ora abbiamo dato alle stampe l'undicesima edizione, convinti che, anche in questo modo, si concorre a far riconoscere al popolo giuliano la straordinarietà delle sue vicende storiche, a diretto contatto delle tre etnie che compongono l'Europa: la latina, la germanica e la slava. In questo numero ricordiamo i novant'anni della prima guerra mondiale a seguito della quale fummo uniti a quella Patria cui la favella e la cultura ci avevano assimilato sin dai secoli precedenti, ma anche il periodo più tragico della nostra storia: il 1945, quando, per tanto tempo fummo terra contesa, per giungere, trent'anni or sono, al Trattato di Osimo, nel quale chiudemmo la nostra vicenda umana e storica. A parte queste vicende che ci hanno coinvolto in modo esistenziale, nel Lunarietto Giuliano troviamo le grandi vicende mercantili di Trieste, l'apporto alla crescita civile della comunità, attraverso l'opera dei grandi personaggi locali dell'arte e della scienza, per giungere alla descrizione d'itinerari storico-turistici, cui si collegano egregiamente i testi dei nostri poeti. Questi fatti e vicende abbiamo voluto ricordare nella convinzione che quanto abbiamo vissuto, nella gioia e nel dolore, ha concorso a formare il nostro essere e la nostra sensibilità. |
Antonio Scarano |
Ma perché il Caffè, specie nella nostra zona, è sempre stato il luogo di aggregazione
per eccellenza, dove genti di ogni ceto sociale, cultura e lingua si sono
mescolate in un confronto diretto, dimostrando come il dialogo sia sempre possibile
anche fra etnie diverse. Nella seconda metà del 700, quando nascono le prime Botteghe da caffè, il contesto storico certamente era diverso e l'Impero Austro Ungarico unificava il territorio. La politica di espansione portuale e lo status di Porto franco di Trieste richiamavano genti da tutto il bacino del Mediterraneo e davano impulso al fenomeno della plurinazionalità che la Trieste cosmopolita di allora amava sottolineare particolarmente. E questo si rifletteva nella vita quotidiana e di conseguenza nei luoghi d'incontro come i Caffè. Ma spiega anche perché i nostri Caffè abbiano una connotazione un po' diversa dal resto d'Italia, un'atmosfera tipica, un'apertura consolidata, che nemmeno due guerre mondiali sono riuscite a modificare sostanzialmente. |
Prima del Caffè il luogo tipico di riunione e socializzazione era solo l'osteria,
e questo ovunque, sia nelle città che nei paesi, ma l'osteria ospitava soprattutto
uomini, le donne vi entravano solo in particolari momenti di festa e di solito
accompagnate dai familiari. Il Caffè offre per la prima volta una opportunità
d incontro, fuori casa, anche alle donne e, poiché è accessibile economicamente
a tutti, la sua popolarità si espande sia lungo il litorale che all'interno,
ma soprattutto a Trieste. Qui, sull'esempio veneziano, e delle principali capitali
europee viene inteso subito come ritrovo ideale per l'incontro e lo scambio
sia culturale sia commerciale. Si ascolta musica, si legge, si gioca, si fanno
affari, si fa politica. Nell'800 raggiungeranno il loro massimo splendore, ma è nei primi del '900 che il loro numero subirà un aumento notevole, diventando un centinaio. Stagione intensa prima del calo e della trasformazione, quando arriveranno i Bar, i Caffè espresso, le Degustazioni, i Buffet. Attualmente i Caffè di un tempo, i Caffè "storici" sono rimasti a Trieste in cinque: il Tommaseo, il Tergesteo, il San Marco, lo Stella Polare, il Caffè degli Specchi. In questi ultimi anni però si sta assistendo a una riscoperta dei Caffè, specialmente da parte dei giovani. Se ne aprono di nuovi, si propongono mostre, incontri, dibattiti, musica. E il Caffè ridiventa splendida opportunità di convivenza e dialogo, essenziali per un'Europa appena costituita. |
Norita Ukmar |
Antonio Scarano |
Con passi da gazzella raggiungi l'ombra tramata di ulivi imploranti per fasciare un cuore a brandelli. Urla di protesta esplodono dagli anfratti del mare e gemiti di dolore dalle tue labbra cucite con aghi di vento. Gli occhi feriti dal sole impietoso ancora accarezzano case e volti inghiottiti dall'avida bocca del tempo. Ed era solo ieri. Quando nell'imbuto del ciclo al di là delle nubi oltre i percorsi del sole Dio chiuse gli occhi. Per un lungo interminabile istante. Poi fece la sua scelta. |
Ed era solo ieri di Maria Giulia Noacco |
da Poeti Giuliani |
Monfalcone, il sogno di avere una bici In tempi ormai lontani il sogno di ogni ragazzo era quello di possedere una bicicletta - e certo doveva attendere molto di più di quanto non accada oggi per i giovincelli che aspirano a possedere un'automobile. Quelle biciclette , rigorosamente nere, erano al massimo decorate con qualche arabesco dorato. Si usava comperarle "in crescere" proprio come gli abiti, cosicché non era diffìcile incontrare biciclette inforcate da ragazzini che per raggiungere i pedali ballonzolavano paurosamente dall'una all'altra parte della sella. Presto comunque si aggiunsero modelli più completi ed attraenti cosicché si presentarono biciclette di vari colori, con le ruote in alluminio, manubri di fogge diverse, dotate di freno contropedale e poco dopo persine con sofisticati cambi di marcia. |
Le biciclette negli anni '30 erano già diventate tante, così tante che in breve il
regime fascista al governo istituì una vera e propria tassa di circolazione:
un dischetto annuale del costo di dieci lire da fissare sul telaio. |
Sulla scia della bicicletta nacque anche lo stallo, ovvero le zone di parcheggio
generalmente dislocate presso cinema, sale da ballo, o anche noleggiatori di biciclette.
A Monfalcone lo "stallo" più ampio era sicuramente quello del cantiere
navale CRDA che al tempo annoverava diecimila, e anche più, dipendenti. La quasi
totalità si spostava in bicicletta e al mattino ed alla sera era imponente
la massa di biciclette che scorreva sulle strade. Sì, era il mezzo di trasporto
più diffuso ed era naturale (in barba alla patente a punti...) trasportare l'amico
seduto di sghimbescio sul "stangon" magari addirittura ben precariamente
sul manubrio... "robe che i muli de quella volta i fazeva...". Poi arrivò
il declino - il furto di biciclette non fece più notizia, pian piano i negozi di biciclette diradarono, i meccanici divennero quasi introvabili... ed arrivo per un lungo periodo una stasi piuttosto nera... sino a che ridette una certa spinta alle due ruote la Mountain bike. E la storia corse su di un sentiero diverso. |
da Tempi andati - Amerigo Visentini |
Hanno scritto di noi - dai quotidiani della Venezia Giulia a fianco: TRIESTE OGGI del 21 dicembre 2004 sotto: VOCE ISONTINA del 1° gennaio 2005 per ingrandire gli articoli cliccare sui medesimi. |
La presentazione del Lunarietto '05, in Biasicheria, si è svolto nella sala del Consiglio
Comunale di Turriaco, domenica 15 gennaio '05. Ha presentato Tino Sangiglio
con il contributo del Gruppo Costumi bisiachi coordinato da Gabriella Brumat. |
Una componente del Gruppo Costumi legge dei passi dal Lunarietto |