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FUORI COLLANA
GLI ULTIMI DIECI ANNI ROVENTI pubblicato in dicembre del 2013 |
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Gli storici di professione, fra qualche lustro, avranno uno strumento in più per compiere il loro personale viaggio nella Trieste e nell’Italia degli ultimi dieci roventi anni del Ventesimo Secolo. Sono le vignette, le battute, la satira, i volti, i witz come si sarebbe detto nella Trieste austroungarica di Francesco Giuseppe, di Paolo Marani, figura artistica complessa, per molti versi schiva, sagace e indagativa come nella miglior tradizione triestina di chi per intima propensione ha votato la sua esistenza a riprodurre sulla carta, o sulla tela, nelle pagine di un giornale o di un libro, la sostanza, spesso sofferta, delle sue osservazioni, delle sue indagini, delle sue conclusioni. Che nel caso di Marani, va detto subito, non sono mai a priori amare com’è posa di certi segaligni fustigatori di mestiere. Perché la vis satirica di Paolo Marani, quel suo pacioso modo di procedere anche quando disegna, quel suo carattere senza apparenti asprezze, senza acredini, traspare in tutta la sua vastissima produzione vignettistica.
Marani è uno di quei vignettisti, di quei “satirici a tempo indeterminato e senza contratto” che non sanno essere faziosi. A molti potrà sembrare un difetto. A molti altri una garanzia di equidistanza, di terziarietà, qualità ormai rara nei ragionamenti su cosa va o non va nella vita quotidiana di questo nostro straordinario e spesso incomprensibile Paese. Fatto sta che questa ricca selezione di vignette di Marani, pubblicate nel corso degli anni sul “Piccolo” e altre testate, apre il cuore e la mente a una risata lunga una decina d’anni e mitiga il senso di impotenza e di disorientamento dovuto alla sensazione che nulla pare cambiare sotto il sole.
Sia beninteso: quella di Marani non è una risata assolutoria o compiacente ma una umanissima risata difronte ai vezzi e ai vizi di una classe al potere sempre uguale a se stessa in ogni stagione politica o ideologica. In Marani le battute, le situazioni non sono mai fegatose, saccenti, genericamente moraleggianti. Da sempre, il nostro autore ha scelto un suo linguaggio che definiremmo light per seminare dubbi, smontare pubbliche iprocrisie, attaccare vecchi e nuovi pregiudizi, destabilizzare consolidate convinzioni. Ma senza mai castigare nessuno, trasferendo nell’universo parallelo della vita vignettata lo spirito più vero di quel “castigat ridendo mores” che ha la speranza, la pretesa, o forse solo l’illusione, di correggere i costumi ridendo.
So per conoscenza diretta di potenti e politici nostrani e di levatura nazionale che si sono azzuffati pur di avere gli originali delle vignette del Marani in cui venivano sì torchiati ma mai gratuitamente sbeffeggiati. Le volevano, quelle vignette, per appenderle, riccamente incorniciate, nel salotto buono di casa, come a testimoniare attraverso quell’inconfutabile documento il fatidico io c’ero. Solo una ostentazione di liberalitá, di autoironia, di savoir faire tipica di un certo camaleontismo tutto italiano? Direi di no. Piuttosto il riconoscimento di avere tra le mani un pezzo unico, artistico nella sua preziosa fattura artigianale, di possedere una minuscola tessera essenziale per cogliere l’ambiente, il clima politico, culturale, sociale di un atomo fuggente del presente.
La sfida di Marani - e una delle sue bravure - sta probabilmente tutta qui, nel racchiudere tutto questo nell’immediatezza di un segno che scaturisce quasi magicamente da una semplice asticella di grafite. Sta in questa capacitá di ritrarrei personaggi pubblici nostrani e nazionali in una maniera definitiva, quasi imbrigliandoli, incatenandoli in una responsabilità fisionomica dalla quale non potranno più fuggire.
Va detto che anche sotto l’urgenza della cronaca, la qualità del disegno del nostro autore resta sempre alta. Le sue non sono mai figure generiche, rapidi schizzi o puri simboli, o semplici allusioni: sono autentiche caricature d’autore che affondano nella grande tradizione ritrattistica italiana e che racchiudono in sé il germe dello sfottò e di una sana ilarità prima ancora che satira e umorismo andassero a formare con esse un nuovo linguaggio letterario e politico. Marani, come tutti i vignettisti di vaglia, ha il prezioso dono di saper cogliere l’istante essenziale, di sollevare il sipario in un preciso istante della vicenda a cui sta lavorando e che congelerá, per consegnarla ai posteri, nei suoi aspetti meno edificanti o semplicemente più esilaranti.
Per Marani la vignetta è a suo modo terapeutica, assolve a una rivisitata funzione della gogna pubblica di medioevale memoria senza però la pretesa di una condanna inappellabile e nemmeno quella certezza propria di un giudizio emesso con tutti i crismi e i passaggi tanto cari agli azzeccagarbugli dei nostri tempi. La vignetta intesa dunque come una incruenta fucilata che va paradossalmente più in profondità del piombo, che non lacera, non frantuma le membra, le ossa della vittima predestinata ma lascia un segno indelebile. Prima ancora del bersaglio colpisce la coscienza di chi la vignetta la sta guardando, la sta ascoltando. Lo sa bene il politico buono per ogni stagione, quello dal riciclo facile. Ed è per questo che teme più la stilettata di una vignetta che la sciabolata di un avversario politico con il quale riuscirà sempre a ricucire un’intesa, un rapporto sulla base di comuni e inconfessabili convenienze.
Marani, come tutti quelli che hanno scelto di fare per mestiere i vignettisti, pesca beato nello iato tra pubbliche virtù e vizi privati. Gli basta mettere sulla carta quello che si sente in giro, per la strada, al bar, in osmiza con gli amici, quello che la coscienza pubblica, o come si direbbe, il popolino, ha già avvertito, già sa. E’ in questo magma di comportamenti cialtroneschi, di regole sbeffeggiate, di insulti alla cosa pubblica, di sguaiata politica priva di ideali che Marani affila la sua matita, riassume in una caricatura un’intero universo psicologico, il piccolo, miserevole mondo interiore di chi pretende il potere per gestire gli altri e non ha nemmeno il potere di gestire le sue private pulsioni più neglette.
É passato quasi un quarto di secolo dalla prima vignetta che apre il volume che abbiamo tra le mani ed è impressionante vedere quanto siano ancora vivi, nella giocosa matita di Marani, i personaggi, gli uomini di potere, i politici che nel frattempo si sono ritirati dall’agone pubblico, hanno cambiato mestiere, magari anche Paese, sono passati a miglior vita. E’ un affresco umoristico in cui ci si può lasciare andare per sfuggire alla vischiosità della semplice cronaca. Questo lo scopo della vignetta tra la nodosa durezza dell’attualità e la complessa geografia degli articoli che compongono abitualmente una pagina di giornale destinata un domani a diventare un capitolo di storia. Non conosco direttore di giornale che non abbia candidamente riconosciuto almeno una volta nella sua carriera che “una vignetta ben riuscita vale quanto o magari di più di un buon editoriale”.
Non mi stupirei se alla fine di questo volume il lettore si accorgesse con meraviglia di aver percorso con leggera pensosità un autentico viaggio all’interno di un vasto affresco umoristico politico, economico, sociale di una Trieste e di una Italia tanto familiari quanto impenetrabili nella loro ripetitività. Non è da escludere che una delle fatiche più incomprese e geniali di chi percorre i sottili sentieri della satira sta nel riuscire a cogliere gli aspetti nuovi del perenne teatrino della vicenda italiana, della banalità di una certa sciatteria politica che diventa invisibile, impermeabile a ogni giudizio proprio a causa della sua sfibrante ripetitività.
L'articolo di Marianna Accerboni apparso sul PICCOLO di Trieste l'8 agosto 2014 clicca sull'immagine per una lettura accurata |
Può essere tutto questo considerato una forma d’arte, una forma di poesia? Al lettore l’arduo giudizio. Se di arte si tratta si può ben dire che di un’arte scomoda e pericolosa si tratta. I regimi e le dittature di ogni colore e ideologia hanno sempre mal sopportato la satira. Figuriamoci le vignette. L’elenco di quanti hanno fatto anni di duro carcere o hanno perso la vita per una battuta è lungo e ricordarlo qui ci porterebbe lontano dallo scopo di questo volume che vede la luce grazie alla lungimiranza e all’innegabile senso of humor dell’Istituto giuliano di storia, cultura e documentazione. Ci soccorre in questo senso nella sua autorevole incisività una sentenza poco nota (la n. 9246 del 2006) della nostra Corte di Cassazione spesso inconsapevole suggeritrice di divertentissime battute. “La satira è quella manifestazione di pensiero talora di altissimo livello che nei tempi si è addossata il compito … di indicare … alla pubblica opinione aspetti criticabili o esecrabili di persone, al fine di ottenere, mediante il riso suscitato, un esito finale di carattere etico, cioè correttivo verso il bene”. Se non lo avesse detto una magistratura così alta verrebbe quasi da ridere.
Roberto Altieri
Paolo Marani dal 1966 è presente con numerose mostre personali e collettive in Italia ed all'estero. Opere sue sono state esposte al Palazzo Nazionale delle Esposizioni di Roma, al Museo "Ricci Oddi" di Piacenza al Museo "Revoltella, Galleria d'Arte Moderna" di Trieste e nelle Gallerie "Nuovo Spazio" di Venezia, "Leonardo" di Milano e "Certaldo" di Firenze. Una rassegna di sue opere, raccolte dall'Istituto Italiano di Cultura, è diventata itinerante nei paesi dell'est Europa ed è stata allestita, tra l'altro, in Slovenia a Lubiana e Brod, in Corazia a Zagabria e Fiume, in Serbia a Belgrado, in Ungheria a Budapest, in Romania a Bucarest. Presente in Austria con mostre a Vienna, Graz, Berchtesgaden ed all' Interart di Salisburgo.
In Cina espone ad Hong Kong, in Australia a Sydney, Melbourne e Adelaide, negli Stati Uniti a New York, Miami e in Califomia dove opere sue si trovano a Danvile, Alamo, Rancho Santa Margarita oltre che nel South Dakota a Belle Fourche. Nell'ambito del XX° Festival Internazionale del Film di Fantascienza, al Castello di San Giusto di Trieste, gli viene dedicata la rassegna "Paolo Marani - Cento opere inedite". Alla fine degli anni ottanta realizza una serie di sculture in bronzo per la Cappella del Palazzo Arcivescovile di Trieste.
Per molti anni nella commissione della Sala comunale d' arte, dal 1978 è componente del Curatorio del Civico Museo Revoltella e per oltre un decennio è stato presidente dell'Associazione Regionale Artisti Pittori, Scultori ed Incisori. Attualmente è il responsabile per le Arti Figurative della fondazione Caraian.
Nelle raffinate composizioni pittoriche di Marani, il rapporto tra figura e ambiente si riveste di implicazioni psicologiche e fantastiche, proponendosi come sintesi di varie esperienze. Una pittura, la sua, in cui è evidente il richiamo di ispirazione surrealista e simbolista, dove la materia stessa viene utilizzata come fattore dell'invenzione fantastica con trasfigurazioni di elementi naturalistici e anche con rifirimento al mondo animale sublimato talvolta con significati epici (Dal volume "Quadri di una collezione" - Edizioni Museo Revoltella).
In occasione delle celebrazioni per il venticinquennale del "San Giusto d'oro", l'Associazione Cronisti Giuliani gli ha conferito un riconoscimento per la sua attività artistica. Caricaturista noto in Italia, si occupa di satira politica e i suoi lavori vengono pubblicati su riviste, e quotidiani nazionali.
Nel 1990 il quotidiano "Il Piccolo" di Trieste inizia a pubblicare giornalmente le sue vignette. Ha collaborato con la RAI in trasmissioni dedicate alle elezioni, disegnando in diretta il suo commento satirico. È stato più volte invitato in Sardegna, al premio "Vignetta dell'anno" e dal comune di Lodi al "Premio Novello". Ha realizzato copertine per libri, disegnato cartoni animati e collaborato alla realizzazione di spot pubblicitari.
Paolo Marani vive e lavora a Trieste in via del Farneto, 10 - maranip@libero.it.