PUBBLICAZIONI STORIA E DOCUMENTAZIONE

DOCUMENTARI E CINEGIORNALI
SULLA QUESTIONE GIULIANA
(1943 - 1954)

di Ottavia Sardos Albertini

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DOCUMENTARI E CINEGIORNALI           Nel 2002 è uscita, per i tipi di Carocci, la traduzione italiana di Testimoni oculari. Il significato storico delle immagini, di Peter Burke, storico quant'altri mai impegnato sulle nuove frontiere della ricerca storiografica e sensibile alla dimensione culturale e antropologica della storia, in cui s'impostava, rifacendosi alla fondamentale lezione metodologica e teoretica di Aby Warburg - sul quale ora va visto il fascicolo monografico di "aut aut", nn. 321-322, 2004 -, un organico e lucido discorso sull'uso dei materiali iconologici, analizzando tanto quelli antichi quanto quelli moderni, la fotografia così come il film e il documentario, questi ultimi un'acquisizione recente al patrimonio documentario della storiografia, che però viene trovando crescente attenzione e interesse da parte degli specialisti e anche di chi s'occupi di didattica della storia, come si può verificare esaminando, ad esempio, il volume di Giovanni De Luna La passione e la ragione. Il mestiere dello storico contemporaneo, appena riedito (2004) da Bruno Mondadori, opere nelle quali, ma anche in altre pubblicate di recente, ci si sofferma a lungo sulla delicata e sempre attuale questione dell'oggettività delle fonti, incluse quelle visive, in apparenza le più affidabili, svolgendo un'articolata disamina delle manipolazioni e delle deformazioni o strumentalizzazioni cui esse pure vanno soggette e denunciandone la connaturata soggettività se non altro perché frutto di precise e personali scelte, obiettivi e interventi dell'autore. Ma con questo non s'intende affatto sminuire l'importanza e l'utilità di simili nuovi e innovativi documenti, semplicemente ribadirne rischi e limiti ad essi intrinseci, come avviene per qualsiasi altro genere di testimonianza impiegata ai fini del lavoro storico, cercando di mettere in guardia non tanto lo studioso, in genere consapevole di ciò, quanto il fruitore ingenuo, lo spettatore comune, al quale la televisione tende a propinare un numero crescente di documentari, perlopiù attinenti alla storia militare, con privilegiata attenzione alla prima e alla seconda guerra mondiale, ma certo non nell'ottica, affascinante e feconda, di un Mare Bloch, quello, per intendersi, de La strana disfatta, bensì in quella, vieta e tradizionale, dell'histoire bataille, tanto deprecata, e a ragione, dallo storico transalpino, senza l'accompagnamento d'alcuna puntuale indicazione critica o seria scheda illustrativa, dando l'impressione di mandare in onda la storia quale effettivamente è stata, di far vedere la Verità con la V maiuscola, che è quanto di più diseducativo si possa concepire.

            Poiché s'è fatto riferimento al cofondatore e condirettore delle prime "Annales", una rivista che a siffatti problemi ha sempre riservato uno spazio notevole, ponendoli di frequente a tema di dibattito pluridisciplinare, sarà opportuno ricordare che in Francia dal 1975 esiste un Institut National de l'Audiovisuel (INA, sito www.ina.fr) che s'occupa esclusivamente di raccogliere, conservare e valorizzare documentari d'ogni genere, messi a disposizione di studenti e di ricercatori, e che da poco, come segnalato nella Newsletter elettronica del giugno 2004 del mensile di storia contemporanea "Millenovecento", ha raccolto una serie organica di cinegiornali della Repubblica di Vichy, fonte preziosa, per quanto parziale e partigiana - e proprio per questo d'indubbia utilità per intendere il punto di vista di quella particolare committenza statale -, per chiunque s'interessi delle vicende francesi tra 1940 e 1944. Nell'età della comunicazione di massa, quando vengono moltiplicandosi gli insegnamenti universitari incentrati su tale peculiare aspetto della modernità e gli strumenti disciplinari ad esso dedicati - si pensi solo a un periodico quale "Media History" e allo spazio crescente che le nostre riviste di storia contemporanea, da "Passato e Presente" a "Contemporanea" e a "Italia contemporanea", per menzionare soltanto alcune delle principali e delle più impegnate su tale versante, ad esso riservano -, è naturale che pure i documentali vengano acquisendo un rilievo via via maggiore, superando antiche diffidenze e incomprensioni, spesso dettate da mera diffidenza per le novità, per l'idea che si potesse "fare della storia", per parafrasare il titolo della nota raccolta di saggi curata da Jacques Le Goff e da Philippe Nora, nella quale, tra l'altro, non si mancava d'occuparsi anche di tale filone d'indagine, non più solo con le carte conservate negli archivi o con i libri raccolti nelle biblioteche, ma anche, e per l'Otto e Novecento ancor più, con le immagini, qualsiasi ne fosse la natura.

           Dopo quanto s'è detto, non sarà necessario spendere ulteriori parole per spiegare i motivi che hanno portato senza esitazioni, anzi con entusiasmo, l'Istituto Giuliano di storia, cultura e documentazione ad accogliere la proposta di farsi editore della pregevole ricerca di Ottavia Sardos Albertini, nata come tesi di laurea in filmologia, discussa con il prof. Roberto Nepoti e con il sottoscritto nella Facoltà di lettere e filosofia dell'Università degli studi di Trieste nell'a.a. 1999-2000, e ciò a prescindere dal fatto che una simile pubblicazione si prestava egregiamente a celebrare il 50° anniversario del ritorno di Trieste all'Italia (1954-2004), sviluppando un discorso avviato al principiare del corrente anno, il 7 febbraio, quando proprio la giovane studiosa era stata chiamata a introdurre e a commentare la proiezione pubblica del documentario storico di Mario e Marino Maranzana, "Trieste sotto". Storia tragica e straordinaria di una città in prima linea dal 1943 al 1954, edito nel 2003 dall'Istituto Luce di Roma - il quale pure da tempo sta conducendo una benemerita opera di raccolta, inventariazione e tutela dei documentari -, decisa dai responsabili dell'istituto come degno esordio della serie di manifestazioni varate per onorare tale ricorrenza fuori da qualsiasi retorica, ma fornendo un vero servizio educativo e seriamente informativo alla cittadinanza. Si deve, poi sottolineare il fatto che, la collana "Storia e documentazione", che accoglie Documentari e cinegiornali sulla questione giuliana (1943-1954), essendosi prefissa sin dall'inizio di dare spazio e fiducia ai giovani ricercatori, valorizzando le nuove generazioni, era ovvio e scontato che ospitasse pure questo innovativo contributo, che tale è nonostante s'occupi d'un problema storico, su cui sono corsi fiumi d'inchiostro e s'è detto e scritto tutto e il contrario di tutto, quale quello della Venezia Giulia, delle foibe, del confine orientale e dell'esodo negli anni a cavallo del secondo conflitto mondiale. Se è vero che la bibliografia in materia è sterminata, si tratta, però, di distinguere la rigorosa e autentica indagine storiografica, piuttosto scarsa, dalla marea di pubblicistica, spesso di fin troppo modesto livello e di frequente condizionata da pesanti pregiudiziali etniche e ideologiche, e dalla copiosa memorialistica, un filone, questo, iniziato quasi a tragedia ancora in corso e tuttora ben lungi dall'essersi esaurito.

          Va, inoltre, tenuto presente che tale argomento, a lungo patrimonio quasi esclusivo del variegato mondo della diaspora, dopo la fine della Guerra Fredda e dei due blocchi contrapposti è venuto imponendosi all'attenzione degli studiosi nazionali, impegnati a ripensare senza più soverchie remore partitiche e di schieramento politico i nodi principali della nostra storia nel XX secolo e numerosi temi a lungo rimossi perché giudicati troppo scottanti o non "corretti", ciò in particolare dopo il dibattito pubblico tra Luciano Violante, per i DS, e Gianfranco Fini, a nome di AN, svoltosi a Trieste il 14 marzo 1998, su Democrazia e identità nazionale: riflessioni dal confine orientale (Università di Trieste, 1998), che, pur con evidenti e indiscutibili finalità politiche, è servito a "sdoganare", per così dire, un tema tanto incandescente quale la storia dell'area altoadriatica, dell'irredentismo, del nazionalismo di frontiera e dei rapporti tra italiani e slavi negli ultimi cent'anni, donde il comparire di una serie di validi testi presso editori di prestigio, fuori dai consueti circuiti autoreferenziali degli esuli, come il volume di AA.VV., Istria: storia di una regione di frontiera, apparso nel 1994 per iniziativa della Morcelliana, l'editrice di Brescia che due anni dopo, nel 1996, dava alle stampe anche Quel confine mancato: la linea Wilson, 1919-1945, di Corrado Beici; Foibe di Raoul Pupo e di Roberto Spazzali, pubblicato da Bruno Mondadori (2003) - la cui lettura può essere utilmente integrata con quella del saggio di Giovanna Solari, II dramma delle foibe, 1943-1945. Studi, interpretazioni e tendenze, edito nel 2002 dal triestino Centro culturale "Gian Rinaldo Carli" dell'Unione degli Istriani, che, tra l'altro, va ringraziato per aver patrocinato e finanziato la pubblicazione del presente lavoro -, così come, ancora prima, Foibe. Le stragi negate degli italiani della Venezia Giulia e dell'Istria, di Gianni Oliva, per i tipi di Arnoldo Mondadori (2002), che già dal 1999 aveva in catalogo l'onesto ed equilibrato profilo divulgativo di Arrigo Petacco, L'esodo. La tragedia negata degli italiani d'Istria, Dalmazia e Venezia Giulia, mentre prima una qualificata rivista come "Storia e Dossier" riservava il dossier del n. 88, del novembre 1994, alla vicenda del confine orientale da fine Ottocento al secondo dopoguerra e poi un periodico a larga diffusione come il sopra ricordato "Millenovecento" dedicava la sezione monografica del fascicolo del marzo 2003 al tema delle foibe, solo per citare alcuni casi più rilevanti.

         Oltre a ciò, che non è certo indifferente ai fini delle considerazioni qui svolte, si deve pure prendere atto che, sull'onda dell'ampliamento e rinnovamento degli orizzonti metodologici e teoretici della ricerca storiografica regionale, anche il tema in esame s'è venuto a poco a poco sganciando dalle consuete impostazioni di taglio istituzionale e politico, emblematica delle quali è la monumentale e tuttora insostituibile opera in due tomi di Diego de Castro su La questione di Trieste: l'azione politica e diplomatica italiana (Lint, Trieste 1981), aprendosi alla dimensione antropologica e sociologica, di cui è indice significativo, ad esempio, il saggio, fondato su interviste, di Gloria Nemec, Un paese perfetto. Storia e memoria di una comunità in esilio: Grisignana d'Istria, 1930-1960 (Libreria Editrice Goriziana, Gorizia 1998), che pone in primo piano l'analisi d'uno specifico mondo mentale e il rapporto dialettico appunto tra "storia" e "memoria", termini e problemi che sono tipici dell'attuale modo di concepire e di praticare l'indagine storica.

          All'interno d'una simile prospettiva si possono pure rivisitare fonti già note per leggerle in una diversa ottica o con un'altra sensibilità rispetto al passato, come è accaduto per la serie di articoli di Manlio Granbassi sugli infoibamenti in Istria nell'autunno del 1943, apparsi nel "Piccolo" d'allora e ristampati unitariamente, a cura di Roberto Spazzali, nel n. 1 del 2000 dei "Quaderni Giuliani di storia", non perché dalla loro riproposta si potessero ricavare dati inediti o finora non adeguatamente valutati, ma per il fatto che essi consentivano di cogliere il modo in cui quei sanguinosi eventi venivano percepiti e presentati, plasmando una certa immagine sia della minaccia incombente sulla popolazione locale sia del nemico, il che rientra in pieno nell'odierna ottica degli studi sul ruolo della comunicazione di massa nel forgiare e modellare le mentalità collettive. È evidente allora che il presente contributo s'inserisce in pieno in tale tendenza, offrendo dei materiali di grande utilità da un siffatto punto di vista, dal momento che essi mettono a disposizione dello spettatore dei documentar! - ed è la prima volta che viene compiuta un'indagine così organica e sistematica su tali fonti, censite con molta acribia e con pari impegno esegetico analizzate e interpretate, per quanto almeno riguarda la Venezia Giulia nel periodo preso in considerazione, per il quale di simile si può menzionare solo i parimenti recenti volumi fotografici di uno specialista quale Ugo Borsatti, Trieste 1953: i fatti di novembre. Un film, e Trieste 1954 (Lint, Trieste 2003 e 2004) - che permettono di giudicare nella maniera più diretta e immediata i temi, e i toni con i quali essi furono presentati, ritenuti di maggior impatto emotivo e comunicativo sul pubblico in relazione a quanto avveniva al confine orientale d'Italia. Se in II giorno del ritorno, il volume di Fulvio Fumis e Marino Zerboni appena pubblicato (aprile 2004) dalle triestine edizioni "Italo Svevo" in occasione del 50° anniversario della restituzione del capoluogo giuliano alla madrepatria, non s'è mancato di sottolineare l'entusiasmo patriottico che pervase la nazione tra l'estate del 1953 e l'autunno del 1954, nella fase finale e più acuta delle trattative internazionali sul destino del TLT, con una partecipazione popolare di massa che smentisce la retorica della "morte della patria" dopo l'8 settembre 1943 a suo tempo teorizzata da Ernesto Galli della Loggia, ciò è senza dubbio dovuto pure all'efficace azione propagandistica dei cinegiornali, che non mancavano di seguire con regolarità, dandovi notevole rilievo, i fatti di Trieste, che, quindi, erano visti da tutti coloro che, e allora erano tantissimi, andavano al cinema.

            Ottavia Sardos Albertini, che ha affrontato la materia oggetto de Documentari e cinegiornali sulla questione giuliana - introdotti da un sintetico ed essenziale profilo storico e corredati di un'aggiornata e utile filmografia e bibliografia - con un lodevole impegno, accompagnato da una risentita, quanto rara, partecipazione civile, che comunque non fa mai velo al suo giudizio, con questo lavoro d'esordio - che integra in maniera felice il discorso avviato in materia nella collana storica dell'Istituto Giuliano, che ha già al suo attivo tanto ricerche originali come quella di Roberto Spazzali, Venezia Giulia: lotte nazionali in una regione di frontiera. Contributi per una storia del Novecento italiano (1998), quanto la riedizione del libro di memorie di Bruno Coceani, Mussolini, Hitler, Tito alle porte orientali d'Italia (2002), preceduta e criticamente discussa da una sobria prefazione di Giulio Cervani - fornisce un originale apporto alla conoscenza e alla comprensione di un periodo cruciale della nostra storia, suggerendo nuove piste di ricerca e indicando ulteriore documentazione cui attingere per intenderlo sempre meglio. Ve solo da augurarsi che il testo a stampa possa presto essere seguito e completato da un CD rom nel quale siano riversati tutti i documentali da lei presi in esame e altri che saranno oggetto d'ulteriori indagini in archivi stranieri, in modo da consentire una più efficace e proficua lettura del saggio, che già così, peraltro, merita attenzione e apprezzamento.

Fulvio Salimbeni

Ottavia Sardos Albertini       OTTAVIA SARDOS ALBERTINI, originaria da famiglia istriano-dalmata, è nata nel 1974 a Trieste dove tuttora risiede. Si è laureata in Lettere e Filosofia, con il massimo dei voti, presso l'Università di Trieste con una tesi in filmologia.

        Con quest'opera l'autrice ha voluto rivisitare la "questione giuliana" attraverso i cinegiornali ed i documentari realizzati nel periodo di tempo che va dall'8 settembre 1943 sino al 1954 cioè fino al ricongiungimento di Trieste all'Italia. Finalità della pubblicazione è anche quella di ricordare il 50° anniversario di quest'ultimo storico avvenimento.

        Si tratta di una ricerca condotta sui filmati dell'epoca che sono stati analizzati contestualizzandone i messaggi che da essi promanavano, tenendo conto anche della maggiore oggettività che spesso il mezzo cinematografico ha rispetto alle documentazioni cartacee.

        In quegli anni erano stati girati numerosi documentari e cinegiornali per rendere nota la situazione che si era venuta a creare nella Venezia Giulia. Parte delle pellicole sono andate poi disperse o distrutte mentre alcuni avvenimenti non era stato nemmeno possibile riprenderli perché non sempre ciò era consentito dalle autorità militari e talvolta diventava persine rischioso farlo.

           La pubblicazione, avvenuta in collaborazione tra l'Istituto Giuliano di Storia, Cultura e Documentazione e il Centro Culturale "Gian Rinaldo Carli" aderente all'Unione degli Istriani.

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