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BIBLIOTECHINA DEL CURIOSO
Nuova serie

Adolfo Mussafia - Marcel Kušar

LA LETTERATURA
DELLA DALMAZIA
(1892)

Traduzione, introduzione e note di Fulvio Senardi
Con un saggio di Alberto Brambilla

edito nel 2017

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Copertina LA LETTERATURA DELLA DALMAZIA      Marcel Kušar Il testo che invitiamo a leggere in questa collana dell’«Istituto giuliano di storia, cultura e documentazione di Trieste e Gorizia» dedicata a scritti rari o dimenticati, è una pagina del tutto obliata di (e sulla) storia della letteratura in lingua italiana della Dalmazia, a firma dello studioso spalatino Adolfo Mussafia (15 febbraio 1835 - 7 giugno 1905). Tanto dimenticata che nemmeno il ricco e meritorio volume collettaneo Letteratura dalmata italiana, a cura di G. Baroni e di C. Benussi (dove pure è presente un saggio dedicato al Mussafia dantista) ne fa cenno.

     L’assenza non è ovviamente da imputare ai curatori, laddove spetta ai convegnisti individuare le proprie tematiche, ma a una certa trascuratezza della cultura italiana in generale (cioè non solo relativamente a cose dalmatiche), e che deriva da ragioni economiche e istituzionali prima che intellettuali (siamo un paese dalla memoria corta, nonostante i tanti, e mal tenuti musei). Il discorso riuscirebbe qui lungo e spinoso e va, per amor di patria e di brevità, tralasciato. Delle ragioni e del contesto in cui nasce il saggio mussafiano sulla Letteratura italiana di Dalmazia discutono ampiamente i due saggi che contornano il testo (o meglio, i testi, come poi si spiegherà). Il primo nasce dalla penna di chi firma questa presentazione, il secondo è frutto dell’impegno di Alberto Brambilla, del Gruppo di ricerca della Sorbonne parigina, oltre che autore di numerosi studi condotti, fra critica letteraria e filolologia, in vari campi della letteratura italiana, anche giuliana, di cui è appassionato cultore, e non ultimo in quello della letteratura che si è lasciata ispirare o ha voluto schierarsi a fianco dell’irredentismo: Parole come bandiere.

     
Andrà detto, per amore di quella esattezza di cui anche Mussafia era cultore, che il suo saggio – l’unico di storia letteraria propriamente detta nei 50 anni di una inesausta ed enciclopedica attività di filologo e storico della lingua – aveva già avuto l’onore delle stampe, ma in tempi lontani e solo su rivista. Sull’introvabile, nelle biblioteche italiane di oggi, «Dalmata», numeri 41-46 del 1892 (tradotto dal tedesco e curato da R. Foerster) e quindi, nella stessa traduzione, sul fascicolo monografico della rivista il «Nuovo Convito» dedicato alla «Dalmazia italiana» (marzo 1919, anno IV, n° 3), con il titolo di La letteratura dalmatica.

     Adolfo MussafiaIl 1892 è l’anno in cui queste pagine di Mussafia videro per la prima volta la luce, in tedesco, come parte di un capitolo dedicato alle letterature della Dalmazia (quella italiana e quella slava) nell’opera in più volumi Die österreichisch-ungarische Monarchie in Wort un Bild (La monarchia austro-ungarica in parole e in immagini) ideata e pubblicata su stimolo del principe ereditario Rodolfo (lo sfortunato o sventato protagonista della tragedia di Mayerling, lui pure – lo si aggiunge come una piccola curiosità – fra gli studenti di italiano di Adolfo Mussafia). Tanto che al primo volume della serie, dedicato a Vienna, lo stesso Rodolfo premetterà una partecipata introduzione.

     Consumata la tragedia, i libri continueranno ad uscire, in tedesco e in ungherese (in omaggio al principio sancito dall’Ausgleich per cui tutto o quasi tutto – imperatore escluso naturalmente – doveva essere “duplice” in Austria-Ungheria), fino a quell’XI volume, edito nel 1892 che, dedicato alla Dalmazia, riserva uno dei suoi 19 saggi alla letteratura (per la cronaca la collana si concluderà con il XXIV volume, Croazia e Slavonia, pubblicato nel 1902. Ovvia la necessità di renderlo fruibile in italiano alla fine dell’Ottocento, sul giornale che era la voce più autorevole e seguita del Partito autonomista. Miccia per le polemiche che avvampavano allora tra dalmati di lingua e cultura italiana e dalmati slavi. Che venga riproposto nel 1919 non può rappresentare motivo di stupore. Nel calore della polemica fra “dalmatomani” e “rinunciatari”, tra coloro che chiedevano il rispetto integrale della clausole del Patto di Londra e chi voleva invece reimpostare, accordandola sul nuovo contesto post-asburgico, la politica verso gli Slavi del Sud, in continuità con le basi poste dal Patto di Roma, il fuoco di copertura che la pamphlettistica poteva offfrire agli opposti interessi apparve un rilevante valore aggiunto. Al focoso D’Annunzio rispondevano pacatamente con scritti ancor oggi apprezzabili Prezzolini (La Dalmazia, 1915, Libreria della «Voce», riportato all’ordine del giorno dal tormentone di Versailles) e Salvemini (Salvemini e Maranelli, La questione dell’Adriatico, 1919, Libreria della «Voce»). Facile arruolare il Mussafia, scomparso nel 1905, nella schiera di coloro che miravano al risultato più grande e più pericoloso. Ora è possibile restituirlo ai lettori nel suo significato più vero, nella mia nuova traduzione, insieme al saggio che segue nel volume originale, il contributo sulla Lingua e letteratura serbocroata di Dalmazia del filologo croato Marcel Kušar (1858-1940), studioso di origine dalmata (nato ad Arbe - Rab) e di scuola viennese, docente di slavistica e germanistica in varie istituzioni scolastiche della Dalmazia (del cui idioma ciacavo [čakavski] è stato uno dei maggiori esperti), dove reggerà, prima del pensionamento, il liceo croato di Zara.

     Alberto BrambillaConsiglia l’accostamento dei due scritti, seguendo la traccia del volume “rodolfino”, oltre al sensato obiettivo di voler dare l’intero della letteratura dalmata nelle sue differenti declinazioni linguistico-culturali come lo concepivano gli ambienti di cultura dell’Impero sul finire dell’Ottocento, la natura particolare, in senso tanto politico-culturale che “generazionale” dei due saggi di Mussafia e Kušar. Un motivo che sarà ancora ribadito, ma che ha un significato ideologico-intellettuale così importante da spingerci ad anticiparlo: i due studiosi si dividono lo spazio dedicato alla letteratura della Dalmazia cercando di farne, come richiedeva l’etichetta ottocentesca del bon ton accademico, un terreno immune dalle tempeste della Storia, esente dai sotterfugi e dai colpi bassi delle rivendicazioni e delle polemiche che intanto ammorbavano il clima politico e civile della società dalmata. In realtà dai cieli di una apparente, rispettosa neutralità, discendono messaggi che, a saperli decifrare, esprimono molto bene l’insanabile conflitto dei due punti di vista che laceravano il panorama politico, ideologico e intellettuale della Dalmazia dell’ultimo Ottocento.

     Fulvio SenardiBisogna aggiungere che il libro non sarebbe nato senza il decisivo aiuto della «Fondazione Marco Besso» di Roma, che continua le tradizioni di illuminato mecenatismo di uno dei grandi fondatori delle Assicurazioni Generali, quel triestino di origine ebraico-sefardita (proprio come lo spalatino Mussafia, di cui è un quasi coetaneo e al quale lo avvicina anche il comune culto di Dante) che dal 1890 sceglie di risiedere stabilmente nella Capitale italiana, istituendo la Fondazione, scrive, «alla quale volli dare il mio nome e la mia casa, come le ho assicurato la mia biblioteca e le mie collezioni, poiché era giusto e legittimo che la città che benevolmente mi accolse giovanissimo e che fu la mia seconda patria avesse di me un durevole ricordo e godesse dei frutti dell’opera mia, materiandosi in una manifestazione concreta dei miei convincimenti intorno ai doveri dei cittadini». Tale disponibilità così pronta e, direi, affettuosa da parte della «Fondazione Besso» finisce per cancellare il fastidio per il disinteresse, o per il finto interesse virato poi in totale indifferenza manifestato nei confronti di questa iniziativa dell’Istituto Giuliano da parte degli Enti e Associazioni interpellate a Trieste (anche di quella che sembrerebbe più vicina, per “ragione sociale”, alle tematiche dalmate, cui ci si è rivolti nella persona della sua, allora, Presidente) prima che il buon consiglio di un amico ci indirizzasse a Roma.

Girigoro

          

Adolfo Mussafia (1835-1905) e Marcel Kušar (1858-194) sono gli autori dele due sezioni (letteratura italiana di Dalmazia e letteratura serbocroata di Dalmazia) che compongono il capitolo La letteratura della Dalmazia nel libro del 1892 Dalmatien (Dalmazia) nella collana Die österreichische-ungarische Monarchie in Wort und Bild (La monarchia austro-ungarica in parole e immagini).
Mai pubblicato in volume il primo, mai tradotto in italiano il secondo, i due saggi mostrano, nello specchio della letteratura, quanto insanabile sia ormai la frattura politico - ideologica (e insieme, culturale e linguistica) in quella terra che Tommaseo sognava come ponte diu civiltà tra Oriente e Occidente d'Europa.

 

 

 

 

 

 

 

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