IL BANCO DI LETTURA

estratto dal 24/2002

ritorna alla pagina generale del BANCO DI LETTURAPaolo Quazzolo

da RUBRICHE - a cura di Paolo Quazzolo

LA SATIRA TEATRALE NEL SETTECENTO

          Non si dice nulla di nuovo quando si afferma che il teatro, sin dalle epoche più antiche, ha satireggiato la società a lui contemporanea, mirando a denunciarne e correggerne i difetti. Sorta di grande specchio nel quale la comunità ha sempre guardato se stessa, il palcoscenico teatrale - e con esso gli usi del mondo artistico - sono talvolta divenuti, essi stessi, oggetto di pungenti satire che hanno teso a illustrare le debolezze di chi sul palcoscenico lavora.
          Seppure non del tutto nuova - attacchi più o meno velenosi agli ambienti teatrali ve n'erano stati già all'epoca greca e soprattutto romana - la satira sul teatro conosce un notevole incremento nel corso del Diciottesimo secolo. E forse non è un caso che proprio l'età dei lumi abbia riservato un atteggiamento cosi critico al mondo teatrale: non si trattava tanto di correggere i costumi di vita di coloro che lavoravano sul palcoscenico, quanto piuttosto, in pieno clima riformistico, cercare di svelare l'origine dei mali che si ritenevano essere alla base del decadimento teatrale.
Christoph Willibald Gluck            Più volte, nel corso del Settecento, letterati, drammaturghi, comici e musicisti tentarono - talora con successo - di riformare il teatro dopo quello che, agli occhi degli Arcadi, sembrava essere stato il grande dissesto dell'età barocca. L'esigenza era riportare il linguaggio artistico a una originaria purezza, eliminando tutti quegli elementi giudicati inutili, sovrabbondanti e di cattivo gusto, che ne avevano duramente messo alla prova la credibilità. La prima riforma in ambito teatrale fu quella operata, agli inizi del Settecento, da Apostolo Zeno e Pietro Metastasio che si occuparono del libretto del melodramma: sulle loro orme si mosse più tardi il compositore Christoph Willibald Gluck, che completò il discorso sul piano musicale. In ambito drammatico una prima riforma venne tentata, negli stessi anni, da Luigi Riccoboni, celebre attore conosciuto in arte come Lelio, il quale tentò, con scarso successo, di frenare il decadimento della commedia dell'arte. In verità i tempi non erano ancora maturi: si sarebbe dovuto aspettare qualche decennio affinché uno dei più grandi uomini del teatro italiano, Carlo Goldoni, promuovesse la sua celebre riforma. Ultima in ordine di tempo fu la tragedia, che con Vittorio Alfieri conobbe in Italia il suo primo grande momento di splendore.
          L'attività riformistica, quasi inevitabilmente, fu accompagnata da un'altrettanto vivace attività satirica, volta a svelare al pubblico i mali dell'arte teatrale, il decadimento dei gusti, le bizzarrie degli attori, la scarsa professionalità, che spesso caratterizzavano il lavoro sul palcoscenico. In tale ambito, una delle più celebri e riuscite satire è Il teatro alla moda, agile libretto pubblicato a Venezia, probabilmente nel 1720, dal compositore e letterato Benedetto Marcello. Il mondo preso di mira è quello del melodramma. Che questo genere artistico, tra fine Seicento e inizi Settecento, fosse caratterizzato da un generale malcostume, lo testimoniano, oltre a Benedetto Marcello, numerosi uomini di teatro. Da molte pagine scritte in quel tempo, è infatti possibile desumere a quale preoccupante livello artistico fosse giunta l'opera lirica: non solo qualità degli spettacoli ne risentiva, ma tutto l'ambiente era caratterizzato da una serie di regole non scritte che prevedevano privilegi, gerarchie tra gli artisti e diritti di vario genere. I virtuosi, in particolare, ben consci di essere idolatrati dal pubblico, non esitavano a tiranneggiare l'impresario e i loro colleghi con mille pretese. Lo scopo era quello di piegare ai propri voleri librettista, musicista, scenografo e quant'altri, pur di riuscire a primeggiare sulla scena. Tra i vari artisti, quelli più bizzarri sembra fossero i castrati, non solo per la particolarità della loro voce, ma anche per il fatto che, assieme alla prima donna, ricoprivano sulla scena il ruolo principale.
Il Teatro alla Moda            Una vivace testimonianza di questo diffuso malcostume, giunge da una pagina dei Mémoires di Carlo Goldoni, ove l'autore narra un gustoso episodio risalente agli esordi della sua carriera. Giunto a Milano verso il 1730, Goldoni venne presentato al celebre sopranista Caffarelli e all'impresario dell'opera, il conte Francesco Prata. A loro il giovane Goldoni lesse il suo libretto Amalasunta, che tuttavia incontrò le critiche più severe di Caffarelli. Spettò al Prata, preso in disparte l'autore, spiegare i motivi di tali critiche e suggerire i segreti che dovevano essere conosciuti da un compositore di libretti: "Il dramma in musica è un'opera imperfetta, sottoposta a regole e usanze che sono prive, è vero, di senso comune, ma che devono essere applicate alla lettera. Se vi trovaste in Francia, la vostra massima sollecitudine dovrebbe essere quella di piacere al pubblico; ma qui bisogna incominciare col piacere agli attori e alle attrici; bisogna accontentare il compositore della musica; bisogna consultare il pittore decoratore; vi sono regole per ogni cosa, e sarebbe un delitto di lesa drammaturgia se si osasse infrangerle, se non si volesse osservarle".
           Il teatro alla moda di Benedetto Marcello è caratterizzato da gustose descrizioni che, pur non colpendo direttamente alcuna persona, tuttavia sembrano essere ricamate addosso a precisi personaggi. Nello scritto non può sfuggire una certa vis polemica che caratterizza tutto il componimento. Soprattutto con i poeti e i musicisti - vale a dire con le categorie che a lui erano più vicine - Marcello sembra essere particolarmente severo, non perdonando una generale ignoranza delle regole basilari che costituiscono il fondamento dei loro rispettivi mestieri. Anticipando una tecnica poi usata da Giuseppe Panni ne Il giorno, Marcello affida l'effetto comico alla semplice descrizione, senza ricorrere necessariamente alla caricatura. Sono quindi da considerare dei piccoli capolavori le descrizioni della Virtuosa, sempre attenta a primeggiare, rosa dalla gelosia verso le altre cantanti, circondata da un buffonesco seguito di protettori; oppure il ritratto della Signora Madre, sempre pronta a difendere la propria creatura, sorta di mezzana nel trovarle vantaggiosi favori, battagliera come non mai nel cantarne le lodi e nel discreditare le altre prime donne. Ma non da meno sono le descrizioni dei personaggi minori di questo variopinto mondo, a partire dalle Comparse sempre disattente alle proprie mansioni, ai Suonatori attenti a faticare il meno possibile, ai Ballerini incapaci ad andare a tempo, o agli Ingegneri e ai Pittori di scene unicamente preoccupati a subappaltare i loro incarichi.
          Il teatro alla moda si meritò, nel giro di pochi anni, le lodi di molti uomini di cultura, quali Gasparo Gozzi, Scipione Maffei e Francesco Algarotti. Ma non si deve trascurare che lo stesso ambiente teatrale, conscio delle proprie miserie e forse desideroso di liberarsi dai molti difetti, non esitò ad acclamare questo volumetto satirico, riconoscendo in esso realtà incontestabili.
          L'Impresario delle SmirneAl mondo del melodramma e alle sue bizzarrie, anche Goldoni volle dedicare alcuni componimenti dal carattere apertamente satirico, quale il libretto d'opera La cantarina (1755) musicato da Baldassarre Galuppi, e soprattutto la divertente commedia L'Impresario delle Smirne (1759), in cui viene narrato il buffonesco caso di tre virtuose - una fiorentina, una bolognese e una veneziana - che si contendono il ruolo di prima donna in una compagnia d'opera voluta da un impresario turco. Le rivalità, le finzioni, le bugie e le raffinate arti del raggiro messe in pratica dalle tre cantanti, inquadrano con vivacità il mondo del melodramma nella Venezia di metà Settecento. A quest'opera fa eco la commedia-manifesto Il teatro comico, che Goldoni fece rappresentare nel 1750 e che pose quale lavoro d'apertura in quasi tutte le edizioni a stampa del suo teatro. Al di là delle numerose problematiche di ordine drammaturgico in essa sollevate, questa commedia descrive in modo altrettanto veritiero le bizzarrie e i malcostumi del teatro drammatico.
          Resta da dire che ancora oggi la satira settecentesca sugli ambienti teatrali è pienamente valida. Se da un lato costituisce documento insostituibile di un mondo e di un modo di fare spettacolo che oggi non esistono più, dall'altro tratteggia con verosimiglianza i difetti di un ambiente che talora, proprio dietro pose artefatte e capricci ingiustificabili, nasconde le proprie umane debolezze.

ritorna alla pagina generale del BANCO DI LETTURA

pagine composte da      Trieste