ARTI FIGURATIVE

Elettra Metallinò

Una biografia per immagini

di Tino Sangiglio

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Elettra Metallinò mi è sempre apparsa e l’ho sempre sentita come un‘artista che scrive pagine autobiografiche usando le tele dei quadri e le lastre delle sue incisioni: sicché io credo che, se noi fossimo in grado di collegare, di concordare poi e di coordinare infine la sua già vasta produzione artistica e la riconvertissimo in tanti foto grammi, nei quali con lenta progressione ma con esito sicuro si rivela il nesso che intimamente li collega e la consequenzialità che li unisce, avremmo come risultato una serie di fotografie che si rapportano e si legano certamente a momenti della sua vita, a episodi esistenziali, ad avvenimenti certamente vissuti ma temporaneamente rimossi e affogati nell’oblio interiore o galleggianti in una sorta d’indicibile apnea dell’anima, pronti a riemergere e ad affiorare non appena qualche impulso, qualche bisogno, qualche memoria li richiama e li riallinea alla superficie dell’esistenza dandogli nuova vita, nuovo sangue, nuovo significato.CARSO
Questo biografismo così sottilmente espresso, ripreso e raccolto dai lacerti della memoria che sembrano spezzati e perduti per sempre ma che invece sopravvivono indistruttibili ed emergono invece con la prepotenza e la perentorietà della forza delle cose, non si espande in visioni realistiche ma con soffuse atmosfere avvolte nel mistero della poesia: Elettra Metallinò si narra e si descrive, si biografa silenziosamente, per immagini, cioè en poète.
Credo così che i suoi quadri e le sue incisioni siano sostanzialmente immagini biografiche, espressioni di momenti lontani e vicini di vita, frammenti di pulsioni esistenziali, tasselli vibranti di un vissuto che palpitano e vibrano e prendono corpo all‘improvviso per riversarsi e rivivere nella ricreazione artistica con gli strumenti della poesia o meglio di una narrativa sui generis in cui i vari foto grammi ripropongono e colorano sulle tele e sulle matrici momenti realmente vissuti, e dunque biografici, e dunque autobiografici. Ricordi lontanissimi che si erano persi nelle nebbie della memoria, giochi infantili che si reiterano nei loro più minuti e incredibili particolari che neppure la più fervida memoria oserebbe ricordare, dolori e tristezze di un tempo che il ferreo maglio della vita ha ottuso riaffiorano all‘improvviso con un carico di significati inattesi e mai neppure avvertiti, sentimenti felici e gioiosi annegati in un limbo inaccessibile che aggallano con increspature e spumosità mai immaginate, incubi opprimenti e devastanti che si credevano seppelliti fanno capolino con tutte le ombre più angoscianti, amori svaniti che ricompaiono con la loro gaiezza e candidezza a ricordare sensazioni forse neppure provate e godute: ecco come esce dai quadri e dalle incisioni una vera e propria biografia per immagini, un diario che viene disvelato per pagine essenziali in una specie di ricapitolazione e di sintesi di ciò che si è stati e di ciò che si è vissuto.
Elettra MetallinòE questo si manifesta con pregnanza ed incisività perché Elettra Metallinò possiede enormi possibilità narrative che utilizza per una smossi autobiografica che è essenzialmente la storia di un’anima. TERMEE per la quale non abbisogna di grandi spazi o di estese superfici giacché è in grado di condensare, di riassumere le sue storie nella ristretta ma sufficiente estensione di una tela o di una lastra. Ed è perciò la sua una narrazione che procede per simbologie e significati arcani che occorre “leggere“, decifrare, interpretare, poiché non è la sua una confessione ma piuttosto un accennare, un alludere, un far travedere per parabole e metafore penzolanti tra passato e presente, piene di sottili premonizioni e di misteriosi vaticini che vanno opportunamente illuminati per ottenere una chiara leggibilità: parabole e metafore che rendono meno doloroso il ricorso del mondo perduto, che attenuano la tensione del mistero insondabile, che attutiscono il rimpianto di ciò che è andato smarrito, l’amarezza di qualcosa di inesprimibile che leggiamo nel nostro essere ma che non siamo in grado di delineare concretamente. “Se ti parlo per leggende e parabole“, dice il poeta greco Sefèris, “è che sono più dolci ad intendersi “.
In questa costruzione biografica Elettra Metallinò agisce come un vero inventore e creatore di immagini, a tratti con i mezzi dell‘affabulatore (del poeta quindi), a tratti con gli strumenti del visionario (del narratore fantastico quindi), dello scopritore insomma di tutte quelle cose che sfuggono alla vista normale, che non vengono percepite dal senso comune e che solo l’uso di un “terzo occhio” può di svelare nelle loro più piccole sfumature, nei loro più reconditi significati.

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pagine composte da Trieste