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ARTI FIGURATIVE Dante
Pisani di Tino Sangiglio |
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Le
mostre di Dante Pisani, una delle maggiori personalità artistiche di
Trieste (e non solo di Trieste), sono ogni volta spettacolari, lontane sempre
da quelle esposizioni ripetitive, senza sussulti, mere sequenze di lavori,
anche validi tecnicamente, ma statici quanto alla creatività, ferme
in consuete replicazioni. Pisani è invece sempre nuovo e lo è
tanto più nelle sue opere di questi ultimi anni, con l'immagine di
un artista che esce dal suo guscio, sornione e conscio dei propri mezzi ora
che allinea e concretizza i frutti di una svolta nella sua arte ormai del
tutto matura e completa. Il lavoro che adesso viene prodotto è il succo
distillato, sapiente e ispirato, nuovo perfino nelle tecniche espressive che
Pisani adotta e perfeziona: sculture in bronzo di fine levigatezza, gustosi
e pregnanti pastelli, tele materiche maliose e sognanti.
Ma è soprattutto nuova la tematica che Pisani ora irradia dai suoi
quadri. Se in precedenza il nucleo centrale e basilare della sua ispirazione
si concentrava in una pacata - nella forma ma serrata e perentoria nella sostanza
- denuncia della tecnologia e del razionalismo più deteriori, mitigata
e alleggerita per così dire solo da quella
costante presenza della colomba, simbolo di speranza mai persa, messaggio
per la ricercata salvezza, adesso questo sentimento si è rasserenato
nella scoperta della natura e nella fede in un'utopia che è, quest'ultima,
ragione di vita, uscita dalla crisi, désir d'ordre: meglio,
è desiderio di credere nell'ordine, anelito a sperare e puntare in
una nuova coscienza dell'uomo. E le opere recenti sono tutte inserite in questa
linea nuova, e nuove finanche sono le tecniche che Pisani usa, si diceva appunto,
quasi che l'artista immagini che nuove prospettive, nuove speranze, nuove
vie d'uscita si debbano saldare a nuovi strumenti tecnici: ecco quindi il
ricorso ai bronzetti, ai pastelli, ai materici. Cambia così anche la
figuratività che nella precedente stagione pisaniana era abbastanza
netta e visibile, certo non lampante né dispiegata ma con tratti chiaramente
percepibili; adesso il sogno realistico si è perso per strada
e si affaccia un sogno utopistico. Pisani concentra ora le sue immagini
e i suoi sogni sulla solida escrescenza, sulla esuberante vitalità,
sulla plastica rilevanza del paesaggio e dell'ambiente - l'Adriatico, con
le sue coste istriane e dalmate e le isole, o il Mediterraneo e gli incanti
intramontabili di Venezia, ad esempio - che gli oli ma soprattutto le scabrosità
materiche, i pastelli umorosi e le tecniche miste ben evidenziano,
sagomano
e contornano: qui i colori giocano un ruolo importante e spesso anch'essi
sono nuovi, come l'oro, che crea fondali ed effetti da icone: ecco, i nuovi
quadri di Pisani sono proprio icone che desiderano fissare il tempo,
materializzare l'utopia pisaniana per ricondurla agli archetipi umani
che una società forsennata, perduta e in fuga ha dimenticato e deriso.Come
diceva Michel Foucault "le utopie consolano: se infatti non hanno luogo
reale si schiudono tuttavia in uno spazio meraviglioso... aprono città
dai vasti viali, giardini ben piantati, paesi facili". Ai miti della
tecnologia e del razionalismo della civiltà di oggi Pisani contrappone
e sostituisce il fascino e l'abbandono della fantasia e della creatività
come antidoto e soluzione all'algida incomunicabilità, alla frigida
disumanità che essi contrabbandano e impongono. Da qui quel linguaggio
tipicamente pisaniano che assomma, in una sintesi felice e personale, forme,
cadenze, movimenti ed empiti espressionistici ma pure surrealistici, spesso
anche simbolisti: sono gli strumenti più adatti per scavare, in maniera
analitica e approfondita, gli intimi recessi dell'animo umano le cui pulsioni
Pisani cerca di incanalare in un cammino che non sia più la sabiana
serena disperazione ma indirizzato verso prospettive positive di un'uscita
all'aperto, verso quelle città dai vasti viali, verso quei giardini
ben piantati di cui ci parla Foucault, per
determinare e fissare le vere dimensioni dell'umana avventura. La riscoperta
della natura - che è l'altra faccia dell'utopia - è l'uscita
salvifica dal caos e dal disordine, è la ricerca di un'armonia antica
e smarrita e alle cui tracce si è messo Pisani. Questa salvezza è
adesso in quei personaggi appena allusi, strani, come tante torri di babele,
forme quasi metafisiche, filosofiche, senza volti, espressi in spire e in
volute che nascondono l'interiorità e la spiritualità dell'essere
che il lettore deve interpretare e di svelare da solo, ricercandone gli impulsi
più nascosti e decifrandone le passioni più intime. Queste presenze
arcane e misteriose sono il futuro dell'umanità, sono l'utopia possibile
di una umanità nuova che sta uscendo dal bozzolo, che urge dietro i
contorni informali e i segni allusivi per farsi uomo nuovo. Avendo
accanto sempre la colomba, che da timido ed ingenuo simbolo di idealità
e di speranza, si è fatta segno concreto e preciso, parte integrante
del suo essere ed emblema palpabile di unione e di sintesi tra corpo e anima,
tra spirito e materia.
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