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PUBBLICAZIONI SAGGISTICA

L'Osservatore Giuliano

Volume 1°

a cura di Marco Menato

pubblicato nel 2013

 
Marco Menato

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Copertina «Osservatore Giuliano 1°»IL BANCO DI LETTURA E L'OSSERVATORE GIULIANO

    Dal giugno 1988 al 2008, Tino Sangiglio (1937-2008) e Mariuccia Coretti, marito e moglie, hanno scritto e composto nella loro casa di Turriaco i 36 fascicoli della rivista di cultura “Il Banco di Lettura” (anche se per la cronaca bibliografica una prima serie della rivista va rintracciata in 3 volumetti del Banco sottotitolati “Inediti di autori triestini”, usciti nel 1986, '87 e '88).

    «Con questo numero del Banco di Lettura si conclude la vita della rivista.», così lapidariamente scrive Mariuccia Coretti in apertura del numero 36/2008 (in realtà stampato nel febbraio 2009). Il consiglio direttivo dell'Istituto giuliano di storia cultura e documentazione che dal 2001 era editore della rivista, subentrando alle edizioni del Tornasole, ha deciso quindi di abbandonare la strada di una nuova rivista, che di questi tempi sarebbe stato un vero azzardo, e di scegliere la via della miscellanea annuale (ma la cadenza potrebbe essere anche maggiore) ossia una ampia raccolta di studi avente come soggetto Trieste, Gorizia e in generale l'area giuliana nelle varie sfaccettature: letterarie, artistiche, storiche. Alla miscellanea è stato dato un nome, “L’Osservatore Giuliano”, che richiama almeno nominalmente l'Ottocento, l'ultimo secolo nel quale questa area geografica ha goduto di una propria visibilità, senza essere tormentata da troppe sirene nazionalistiche, che con il tempo l'hanno resa sempre più periferia.

    Dal lato bibliografico, chiarisco subito che ogni autore ha adottato un proprio stile citazionale nelle note e nella bibliografia finale. Puntare alla uniformità, avrebbe richiesto altro tempo e una pazienza infinita nel rivedere le “bucce” bibliografiche di ciascuno e so per esperienza quanto gli autori si stanchino presto di queste revisioni, considerate - se va bene - delle grandi seccature o delle fisime da bibliotecario. Mi sono quindi limitato solo alla correzione di qualche svista o ridondanza.

    In questa edizione sono trattati i seguenti temi:

 
di Eliana Mogorovich UN ARTISTA DEL VERO:
ANTONIO ROTTA TRA DIPINTI DI GENERE E PITTURA RISORGIMENTALE
di Luca Geron

IL PRIVILEGIO DELLA PERIFERIA:
LA PRODUZIONE E LA DIFFUSIONE DELLE ARGENTERIE A TRIESTE E A GORIZIA NELLA PRIMA METÁ DEL SEC. XIX

di Gioacchino Grasso CONCHA CODELLI:
I SUCCESSI ARTISTICI DI UNA BARONESSA GORIZIANA
di Alba Noella Picotti CORRISPONDENZE MUSICALI DA TRIESTE
di Fulvio Senardi ALLA PERIFERIA DELL'ILLUMINISMO:
IL PESSIMISTICO «SPECCHIO MAGICO» DI ANTONIO DE GIULIANI
di Fulvio Senardi CON TREVELYAN NELLA GUERRA ITALIANA
di Fulvio Senardi LA JOIE DE VIVRE, IL WILLE E IL QUIETO VIVERE DI UN AGIATO SIGNORE BORGHESE: ZENO E TERESINA
di Fulvio Senardi UNA CORONA DI DURE SPINE INTORNO AL CUORE DI TRIESTE
di Alberto Brambilla G.ISAIA ASCOLI, GORIZIA, E IL 1848
di Edda Serra BIAGIO MARIN E GLI AMICI FIUMANI:
DIALOGO CON PAOLO SANTARCANGELI
di Francesco Fegitz MARINO G.LUSY
di Lázló Cs. Szabó IL GARIBALDINO
di Claudio Grisancich UN RICORDO DI FULVIO TOMIZZA

PRESENTAZIONE
di Dario Padovani
(presidente)

    Nel caro ricordo e dall’esperienza acquisita durante la Presidenza di Tino Sangiglio, che redigeva con puntualità insieme alla moglie Mariuccia Coretti una delle più ricche pubblicazioni dell’Istituto Giuliano, quale il «Banco di Lettura», abbiamo ritenuto di porgere agli affezionati soci e lettori una sorta di continuazione con compendi e momenti di riflessione che possano mantenere legati i fili culturali della nostra giulianità e non solo. Ringraziamo per il contributo nonché per l’impronta che il dott. Marco Menato ha dato quale primo e illustre direttore di questa miscellanea.

    L’«Osservatore giuliano» riporterà saggi di letteratura, storia, musicologia e arte, che fotograferanno la più recente nostra attività, efficacemente operativo sui più vari fronti della cultura, l’Istituto Giuliano è infatti il “palcoscenico” dove studiosi sia interni ad esso che, molto spesso, graditissimi ospiti propongono il frutto del loro impegno di ricerca. Raramente tali contributi godono però della possibilità di pubblicazione, rendendo così se non inutile, certo poco nota l’attività di chi così validamente, contribuisce insieme a noi, e, se vogliamo, grazie a noi, ad arricchire la bibliografia degli studi umanistici. Ci è sembrato perciò utile proporre al pubblico questa miscellanea, dove confluiscono molte di quelle pagine saggistiche che sono rimaste escluse, per ragioni tematiche e non di qualità, dalle più ambiziose proposte culturali ed editoriali dell’Istituto Giuliano, e ci riferiamo per esempio a quei volumi di atti di convegni (sugli scrittori e la guerra, il mito di Garibaldi nell’Europa asburgica, la figura e l’opera di Silvio Benco) che hanno ricevuto, negli ultimi anni, una così benevola attenzione, come testimoniano le numerose recensioni loro dedicate. In conclusione, non posso che augurare buon viaggio a questa nuova pubblicazione dell’Istituto e godibile lettura a coloro che vorranno avvicinarglisi con curiosità e interesse.

RECENSIONE

di Lorenzo Tommasini

    Dopo la fine della rivista «Il Banco di Lettura» nel 2008, l'Istituto Giuliano di Storia, Cultura e Documentazione, che ne era l'editore, ha scelto di non proporre un altro periodico, ma piuttosto di puntare su una miscellanea a cadenza annuale nella quale raccogliere contributi di diversa provenienza e di diverso argomento che trattino di argomenti inerenti alla cultura giuliana da una molteplicità di punti di vista. Così, recentemente, è stato pubblicato dall'Istituto, a cura di Marco Menato, L'Osservatore Giuliano. Numero uno. Miscellanea di studi, che rappresenta il primo frutto di questo progetto.

    Lo scritto con cui si apre il volume, intitolato Un artista del vero: Antonio Rotta tra dipinti di genere e pittura risorgimentale e firmato da Eliana Mogorovich, tratta della vita e dell'opera del pittore goriziano Antonio Rotta (1828-1903). L'interesse è dato, oltre che dalla puntuale ricostruzione biografica, anche dal continuo riferimento ad altre esperienze pittoriche coeve e dalla considerazione dell'aspetto socio-economico. L'artista goriziano si forma in un momento in cui il rapporto che legava la pittura storica ai generi minori appariva ancora problematico, in quanto, se nelle Accademie veniva privilegiata la prima, la nuova classe borghese, di recente ascesa, mostrava di prediligere i secondi. Questo fatto porta Rotta a sperimentare il suo talento, dopo qualche grande pala di genere storico, come pittore di genere che non disdegna, ma anzi ricerca, soggetti umili, diventando un vero e proprio apripista in questo campo.

    Il secondo saggio è Il privilegio della periferia: la produzione e la diffusione delle argenterie a Trieste e a Gorizia nella prima metà del sec. XIX, di Luca Geroni. Il contributo si concentra su due tipologie in genere poco considerate, vale a dire gli argenti cosiddetti “borghesi”, utensili da usarsi quotidianamente, e gli argenti per occasioni ufficiali, talvolta legati a qualche avvenimento storico. La produzione di tali oggetti ebbe un notevole incremento a Trieste proprio nel periodo preso in esame grazie all'ascesa del nuovo ceto borghese in conseguenza alla proclamazione del porto franco. Inoltre la presenza di alcune importanti famiglie come i Borboni e i Bonaparte nella Venezia Giulia favorirono l'arrivo di pezzi particolari e una certa voglia di emulazione. È così che nell'analisi dei pezzi emergono tratti riconducibili sia al gusto francese che a quello austro-tedesco confermando ancora una volta la grande attività e ricettività della Trieste del periodo. Inoltre, il contributo dell'autore si dimostra interessante per la precisa attribuzione, fatta per la prima volta, di alcuni pezzi finora ascritti ad artisti anonimi, tra cui quattro saliere conservate a Vienna.

     Segue quindi un intervento di Gioacchino Grasso, intitolato Concha Codelli. I successi musicali di una baronessa goriziana. Grazie a una paziente ed accurata ricerca d'archivio, lo studioso ha potuto ricostruire puntualmente la vita di Domitilla Maria Concetta detta Concha (1878-1964) della famiglia goriziana dei Codelli. La figura artistica di questa virtuosa del violino viene seguita passo passo nella sua evoluzione, attraverso le recensioni dell'epoca, segnalando con precisione le esibizioni che si sono potute ricostruire e l'evolversi del repertorio e dell'esecuzione dei pezzi presentati.
Alba Noella Picotti firma il quarto contributo dal titolo Corrispondenze musicali da Trieste. L'autrice prende in esame le recensioni musicali che Gustavo Wieselberger invia alla «Gazzetta musicale» di Milano. I testi presi in esame vanno dal 1875 al 1898 e sono specchio della vivace realtà culturale triestina dell'epoca. I brani proposti mostrano, oltre alle indubbie capacità critiche con cui Wieselberger affrontava le novità, anche una buona dose di intelligente ironia che rende gustosa la lettura.

    L'intervento successivo, Alla periferia dell'Illuminismo: il pessimistico “specchio magico” di Antonio de Giuliani, è il primo di quattro che portano la firma di Fulvio Senardi. L'itinerario dell'intellettuale triestino Antonio de Giuliani (1755-1835) viene analizzato, con particolare riferimento alle sue idee politiche sulla struttura delle nazioni. Dopo un breve excursus biografico, i testi presi in considerazione sono sopratutto due, La vertigine attuale dell'Europa e il Saggio politico sopra le vicissitudini inevitabili della società civili. La particolarità, e dunque l'interesse, della sua posizione, che bene emerge dall'attenta disamina di questi scritti, è data dal suo aderire alle dottrine fisiocratiche, sostenendo che la necessità di un ritorno all'agricoltura è l'unico modo per dare una base più solida all'esistenza delle nazioni troppo condizionate dall'inaffidabilità del commercio; ed al contempo mantenere una visione dinamica dell'economia, che de Giuliani deriva dalle sue idee politiche. La figura dell'intellettuale illuminista acquisisce così una complessità che conferisce al contributo un interesse che va al di là della ricostruzione della figura storica, ma che si costituisce come un originale capitolo della storia del pensiero politico ed economico della Venezia Giulia.

    Il secondo scritto di Senardi, Con Trevelyan nella guerra italiana, prende in considerazione il volume Scenes from Italy's war di George Macaulay Trevelyan (1876-1962), dove l'autore inglese raccoglie le proprie impressioni sulla prima guerra mondiale nella quale prestò servizio con la Croce Rossa britannica sul fronte italiano. Ispirata alle convinzioni che all'autore derivano da una formazione giovanile che lo aveva portato a guardare in maniera favorevole al Risorgimento e all'epopea garibaldina, l'opera in questione risulta interessante per l'ottica “distante” da cui viene descritta la guerra (Trevelyan rimase costantemente nelle retrovie) e per l'attenzione verso il popolo italiano e i suoi rappresentanti più umili, identificati nella figura del soldato-contadino; ma trova i suoi limiti nell'ottimismo dell'autore che tende a idealizzare determinati personaggi e situazioni e a non cogliere le novità del conflitto nella loro effettiva portata.

    L'intervento successivo, sempre di Senardi, si intitola La joie de vivre, il Wille e il quieto vivere di un agiato signore borghese: Zeno e Teresina. L'argomento in questione è il passo dell'ottavo capitolo della Coscienza di Zeno in cui il protagonista vuole sperimentare la propria virilità nell'incontro con la contadinella. Nell'attenta lettura proposta, che cerca di mettere in evidenza le ascendenze filosofiche dell'episodio, risulta particolarmente interessante il collegamento con la grande letteratura dell'epoca di area mitteleuropea, su cui in genere la critica non si è soffermata.
L'ultimo contributo di questo studioso è Una corona di spine intorno al cuore di Trieste. Senardi prende in esame La dura spina (1963) di Renzo Rosso (1926-2009) proponendo una fine lettura che, senza trascurare i fatti dello stile, valorizza i rapporti del romanzo con la cultura mitteleuropea e la ricostruzione letteraria della Trieste del periodo immediatamente successivo alla seconda guerra mondiale, quando il destino della città era ancora incerto.

    Il nono saggio è dedicato a G. Isaia Ascoli, Gorizia e il 1848 e firmato da Alberto Brambilla. Lo studioso espone le posizioni politiche dell'Ascoli (1829-1907) in seguito agli eventi del 1848, mettendole utilmente in relazione con quelle che si contrapponevano nella Gorizia del tempo e che erano rappresentate da Giovanni Rismondo, schierato dalla parte dei liberali italiani, e Giuseppe de Persa, nobile conservatore. Entrambi propongono una rappresentazione diversa della città, il primo esaltando l'italianità, il secondo sottolineandone l'essenza multiculturale. Ascoli si discosta da entrambi riconoscendo le radici culturali italiane, ma rifiutando ogni velleità separatistica. Quello di Brambilla risulta così un contributo interessante proprio per il suo prendere in esame questi scritti in cui ci si interroga sul concetto di nazione e nazionalità e sul futuro politico migliore per queste terre che da conflitti di questo genere saranno travagliate ancora a lungo.
Edda Serra è l'autrice del decimo scritto, Biagio Marin e gli amici fiumani. Il dialogo con Paolo Santarcangeli in cui viene gettato un breve sguardo sulle relazioni epistolari che Marin intrattenne con Gino Brazzoduro e Paolo Santarcangeli. Del secondo vengono riportate alcune interessanti lettere che mostrano l'affettuosa amicizia e la comunanza di interessi, come l'attenzione per la cultura ebraica, che lo legavano a Marin.

    Il saggio successivo, Marino G. Lusy, è stato scritto da Francesco Fegitz. Si tratta di una breve ricostruzione della biografia di Marino Lusy (1880-1954), architetto, acquarellista, fotografo ed alpinista triestino, poi emigrato in Svizzera, oggi pressoché dimenticato a Trieste e che meriterebbe di essere riscoperto e rivalutato data la vastità della sua opera e dei suoi interessi.

     Segue il racconto Il garibaldino di László Cs. Szabó (1905-1984) nel quale l'autore ungherese narra la storia del nipote di un garibaldino magiaro che si mette sulle tracce dell'avo, scoprendo che la verità non era quella che gli avevano raccontato, ma infine è portato a riconoscere il valore della leggenda familiare che si era creata, trasponendola su un piano collettivo.

    Chiude degnamente il volume Claudio Grisancich con un breve, ma intenso e commovente, Ricordo di Fulvio Tomizza.

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