LUNARIETTO GIULIANO 2010
a cura di Noella Picotti
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Copertina Lunarietto 2009
Studio Imaginis
DARIO PADOVANI
NOELLA PICOTTI
Granellini di sabbia di Febbraio - da pagina 27

DÓ COLONBI

Ogni sera, finù de lavorar, torno casa cul treno e me meto sentà par abitudin senpre ta'l stés post.  No passa zorno cussì, senza che gàpio ocasion de vardar longo 'l coridoio.
'Na sera me xe capità de posar i me oci su dó veceti.
Lu omo serio, distint in età, al discoreva sotovose, squasi par no desturbar la zente sintada rente de lori.
Curiosità di Ottobre  - da pagina 148
PRESENTAZIONE
di Dario Padovani

Preparare un Lunarietto richiede, ai suoi redattori, volontari, impegno, costanza e puntualità per poterne garantire l'uscita, ogni anno poco prima del Natale. Siamo orgogliosi del nostro lavoro per l'affezione dimostrata dai nostri soci e acquirenti occasionali di cui, alcuni, ne hanno fatto prezioso oggetto da collezione, nonché per il costante contributo gratuito e volontario di tutti i redattori del passato e del presente. Il primo numero, infatti, è pressoché introvabile. Le collezioni complete oggi possono valere come una preziosa serie di francobolli.
Già allora collaboravano nomi importanti, molti dei quali purtroppo non più tra noi. L'impostazione andava bene, come dimostrato dal gradimento dei nostri lettori, e così si decise di proseguire di anno in anno migliorando, comunque sempre, la qualità dei contenuti. L'edizione del 1999 venne curata dalla coppia Mariuccia Coretti e Tino Sangiglio che portarono dei leggeri rinnovamenti; il loro legame con la Bisiacaria apriva nuovi percorsi, mettendo in risalto quella parte della Venezia Giulia, non molto conosciuta. Quell'edizione fu redatta prevalentemente con le ricerche dei due curatori, simbiosi nota nel modo letterario italiano. Riferendosi sempre più a documenti e pubblicazioni culturali e ricerche storiche, Mariuccia Coretti ne curò le successive edizioni fino al 2001. Con la presidenza di Antonio Scarano, Carlo Ventura se ne occupò dal 2002 al 2006, rinnovando un po' l'impianto classico. Infatti, verrà adottata una nuova idea grafica a tema nel calendario mensile. Ad esempio nel 2004, invece delle immagini legate alle Stagioni o all'Oroscopo, fu scelto di mettere in risalto l'architettura in immagini di "Porte, Portoni e Portali", caratteristici in alcune importanti case e ville nella Venezia Giulia. Nel 2005 si utilizzarono foto antiche di famosi Bar novecenteschi, quando erano, più di oggi, il luogo di ritrovo e relax delle nostre genti. Nel 2006, invece, venne fatta un'approfondita ricerca fotografica di alcuni esercizi commerciali che avessero alle loro spalle più decenni di attività. Tralascio la storia recente che ha visto ancora una volta Mariuccia Coretti curare il Lunarietto del 2007 per passarlo poi nelle mani di Noella Picotti negli anni successivi. Il 2010 si presenta nella consueta veste con il contributo dei nuovi apporti grafici nel goriziano Gianluca Coren (http://www.crearea.it) per i segni zodiacali, di Aldo Famà per la copertina, nonché di Roberto Budicin per l'illustrazione di una pagina di "Tempi andati".
Pur nella varietà degli argomenti trattati, prendono risalto alcuni personaggi proposti sotto una luce insolita.  Di Carlo Michelstaedter, ad esempio, il giovane filosofo goriziano morto suicida a ventitrè anni, viene analizzata la vocazione per la pittura e per il disegno, il bozzetto caricaturale, per lo più grottesco e dissacrante.  Dell'integerrimo e coltissimo governatore di Trieste Carlo de Zinzendorf e Pottendorf si scopre, attraverso le pagine del suo diario, la fragilità psicologica e la timidezza nel suo rapporto con le donne. Non mancano poi episodi curiosi, come le testimonianze discordi sull'accoglienza a Trieste dell'Imperatore Leopoldo I nel 1660 e l'arrivo in città della coppia (chiacchierata!) dell'ammiraglio Horatio Nelson e della sua amante Lady Emma Hamilton.
Per la ricerca storica, inoltre, si distinguono due argomenti finora poco indagati: la fioritura dell'arte della seta  nel Goriziano durante il Settecento e lo sviluppo delle Officine Elettriche dell'Isonzo a Monfalcone a partire dai primi anni del Novecento.
Di particolare interesse, infine, una visita al Palazzo Lantieri di Gorizia e alle sue grottesche, oltre che al Museo Giovanni Scaramangà di Altomonte di Trieste, esempio di una lussuosa residenza borghese triestina che raccoglie ed espone preziosissime testimonianze artistiche e manifatturiere. E come in tutti i Lunarietti ci sono tante altre pillole di cultura utili da prendere come spunto per una vita migliore, come esempi da seguire o da temere, un po' come venivano presi in considerazione i Lunari di un tempo, più basati su una saggezza popolare che non su una ricerca storica del nostro passato, anche se saggezza popolare e storia sono innegabilmente strettamente, indissolubilmente legati.
Ma vediamo come si sono sviluppati i suoi contenuti nei quindici anni scorsi e quali ne furono i curatori. È nato nel 1995 come un esperimento di facile lettura, non disdegnando di essere compagno dello storico "Topolino" o di "Selezione" da cui ha preso ispirazione per le dimensioni. I suoi contenuti erano e sono rivolti a coloro che amano la Venezia Giulia, le sue genti, la sua storia e le sue tradizioni, scavando nelle peculiarità ancora percettibili della sua cultura così bistrattata da influenze globalizzanti. Ne fu ideatore Manlio Cecovini con un gruppo di amici.
da Tempi andati di Gennaio - da pagina 18

GLI  SCAMPI  DI  GIUSEPPE  CAPRIN

All'osteria del "Pappagallo", in via dei Capitelli, si era venuta formando una società detta degli "Americani", una bohème triestina di pittori, scrittori, tipografi,  patrioti, amanti del buonumore.  Ne faceva parte anche lo scultore dalmata Ivan Rendic (sua la fontana detta del Tritone in Piazza Vittorio Veneto a Trieste), un instancabile e fantasioso inventore ed esecutore di burle e scherzi, a volte anche mordaci. Alle riunioni degli "Americani" partecipava assiduamente lo scrittore ormai affermato Giuseppe Caprin, il padre putativo di tutti: il tressette lo aspettava. Una sera fu lui la vittima del buon Rendic, come ci racconta un testimone, il pittore Carlo Wostry.
Il Caprin vantava certi scampi che lo aspettavano a cena e alla quale aveva ospiti Felice Venezian e Attilio Hortis.  Gli scampi erano di tale grandezza, diceva,  che esemplari simili non se ne trovavano neppure al  Museo di storia naturale.  E in così dire si beffava degli altri che a casa loro non erano aspettati da tanta grazia di Dio. 
Rendic, che aveva tutto udito, passò in un'altra stanza, prese un foglio di carta, imitò meglio che potè il carattere del Caprin e scrisse: "Cara Nina ( era la moglie del Caprin), abbiamo cambiato pensiero.  Resteremo al Circolo, Venezian e Hortis sono già qui che aspettano.  Consegna gli scampi al porgitore con tutto il tegame che li faremo riscaldare qui."  Mezz'ora dopo il servo del Circolo era di ritorno con quelle belle bestie, tanto ben preparate da non poter uscire che dalla cucina del Caprin. Il Rendic nascose quella roba in un armadio e rientrò nella stanza da gioco.  Terminavano in quel punto la partita.  Chiese nuovamente informazioni riguardo agli scampi; il Caprin li decantò ancora di più: "Potreste vivere cent'anni che non ne mangereste mai di eguali!   Voi siete dei poveretti, voi siete dei diseredati, della gente volgare, dei paria, e d'altronde il vostro palato non è neppur tanto perfezionato da apprezzare simili leccornie! Addio, miserabili creature!  Dopo cena vi manderò le croste."   Gli altri lo accompagnarono alla porta con frizzi e scherzi, ed egli se ne andò gongolando a casa! Appena fuori, il Rendic adunò tutti, fece preparare la tavola e portò il tegame con gli  scampi.  Ognuno può figurarsi in qual modo furono accolti e trattati; erano veramente regali.  Non rimasero che le "croste" che ricomposero come meglio potevano confezionandone un bel piatto guarnito col prezzemolo e con delle foglie di lauro per nascondere i segni dei denti, e lo rimandarono così a casa Caprin.

L'aneddoto è tratto da:   Carlo Wostry, Storia dei Circolo Artistico di Trieste  Edizioni Italo Svevo 1991
PICCIONI INNAMORATI
  Ela, piciula de statura, magari un poc anca gofa ta'l vistir, ma cun dó oci vivi che la te sponze se la te li pianta dos.  Dó  perle che se intravedeva dedrio la veleta de un capel nero ornà c'un t'un bel nastro rosa.
Tra un ziro e un pont del so unzinet, saltà fora de 'na borsa, la discoreva con lu de robe capitade in zoventù, prima de ver la furtuna de cognossarlo.
Volè 'l me parer?  Se dès la iera 'cora cussì, de zóvena la doveva essar stada un gran de pevar senzaltro.
Ora la se zirava a vardar fora del finestrin, po' la se comedava 'l pic del capot: caldo no mancava, ma la preferiva tignirselo strent indós.  E intant c'al treno andava, lori i se la contava c'un t'un far cussì bel che i fava tenareza.  Framezo le parole, lu cu la man drita 'l strenzeva la so cara pipa e 'l se la messedava fra i lavri, come fa i putei cul ciuc', e cu'la contraria inveze, al strenzeva cun dó soli dé al zornal mastruzà e cun altri dó i bilieti del treno, 'tent a no perdarli o smentegarseli ta calche scarsela.
La so paura - al ghe diseva a ela - iera dome la so memoria, che la scuminziava a tradirlo.  Ela però, pozandoghe la man s'un t'un braz, drio un bel soriset vìu e dolz come l'amiel, lo rinfrancava de bot cun quatro bone parole.  Sintindose cussì considerà, i so oci i ghe respondeva senza dir 'na parola e la ponta del so naso la se rinzignava drio 'na piciula smorfia.
Rivando vers Monfalcon i se alzava, lu 'l se meteva 'l capel, po anca 'l capoto e fazendoghe strada vers la porta, 'l ghe fava de mot de mòvarse.  Duta arzila, ela la ghe 'ndava dedrio, senza fiatar ma cun calma, tant la saveva che no 'l ghe saria scanpà più.
Tigniuda cussì par man, scalin dopo scalin, i rivava su'l marciapie e sotobraz pian-pianin i se 'nstradava vers casa, come dó colonbi che torna 'l so nido, ta'l calar de la sera.
Ennio Grassi
GIUSEPPE CAPRIN - CARICATURA
Pubblicità BERSON
da Ricorrenze di Novembre - da pagina 164
Bona Fortuna
parole di Felice di Giuseppe Venezian
musica di Ernesto Luzzatto
Gigia col borineto
A caminar xe gusto;
Da brava, svelta, vestite
E vien con mi a San Giusto.
E là su quel mureto
se senteremo arente;
Coi oci parleremo
E co' la boca niente.
A Roma i ga San Piero
Venezia ga el Leon;
Per noi ghe xe San Giusto
E'l vecio suo melon.
La luna ghe fa ciaro
Ai monti al mar lontan
Gigia, che bela note...
Guantime per la man.
Pensar da quanti secoli
Quel campanil xe là!
Pensar che in quela ciesa
Me son inamorà!
Rit...
Scòltime bionda:el mondo
Te pol assai girar,
Cità come Trieste
Te stenterà a trovar.
Xe vero, tuto el giorno
Se sgoba in tel lavor:
Epur no xe bestie
Se ga qualcossa in cuor.
Rit...
E quando vien la festa
Lassemo ogni secada;
A Servola o a Proseco
Se fa la baracada.
La la ciribiricòcola
farse scaldar col vin
E. saldi in gamba, musica!
El goto fa morbin.
Rit...
Una gran folla di spettatori si accalcava nella sede del Circolo Artistico di Trieste la sera del 29 dicembre 1890: erano accorsi per assistere alla prima edizione del Concorso della Canzone triestina.  Ne era stato l'ideatore, l'anno precedente, l'editore musicale Carlo Schmidl e l'iniziativa aveva trovato l'appoggio convinto della stampa locale.  L'intento era quello di promuovere la nascita di un repertorio canzonettistico di buona qualità in dialetto triestino che, sia nei versi, sia nella musica, si distinguesse dal canto popolare.
BONA FORTUNA
Dopo i lavori della commissione per restringere a sei le opere da sottoporre al giudizio del pubblico, le canzoni furono eseguite secondo un ordine sorteggiato e senza che fossero rivelati i nomi degli autori.  Vinse con 432 voti la canzone  Bona Fortuna, parole di Felice di Giuseppe Venezian,  musica di Ernesto Luzzatto, apprezzato insegnante di pianoforte e compositore.  Secondo posto per No steme tormentar, con 146 voti. Da quel lontano 1890 ai tempi più recenti, i concorsi della Canzone triestina si sono avvicendati negli anni per iniziativa di diverse istituzioni e già nel 1894 ebbero come sede privilegiata il Teatro Rossetti. Riportiamo il testo della storica canzone Bona fortuna, la cui "fortuna" non si è esaurita nella sua prima serata. Forse qualcuno sarà ancora in grado di canticchiarla!!
da Curiosità di Dicembre - pagina 175
da Poeti Giuliani di Ottobre - pagina 152
Molo Audace novembre
milenovecentoquaranta-
cinque, mama e papà: lu'
squasi fin ieri prigionier
de'i inglesi, tornà casa
co'l mal gialo che se ghe vedi
l'ombra maladiza su'l viso
c'un capoto do misure
la sua e 'rente 'sto cristo
(squasi un miracolo esser
tornà)  mama in peliceta
de lapen -zuzadina-
a'l zenocio.
LA FOTO
Claudio Grisancich
dal PICCOLO DEL 15 dicembre 2009 - cliccare sull'immagine per leggere
Claudio Grisancich