LUNARIETTO 2006
ritorna alla pagina generale del Lunarietto
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            Puntuale come sempre all'appuntamento annuale ecco di nuovo il Lunarietto giuliano per il 2006 apparire in bella veste con il suo pieno di notizie storielle e di curiosità, di immagini rare e di ricordi di un tempo che non c'è più, di pillole di antica, intramontabile saggezza e di richiami all'attualità. Curato da Carlo Ventura, il Lunarietto è un vero e proprio lunario con il suo calendario per ogni mese trapuntato dalle varie fasi lunari e cadenzato nelle sue consuete "rubriche" che però tendono ad essere sempre più elastiche e variegate per rendere così gli argomenti più scorrevoli e godibili.
            Il termine lunarietto deriva naturalmente da luna ed è sinonimo di calendario, di almanacco destinato quindi a seguire le fasi lunari, quasi un registro annuale attraverso i giorni e i mesi dei fatti dell'uomo: esso è dunque una sorta di viaggio intorno alle vicende umane, le più disparate, da quelle dolorose a quelle gioiose, dalle più importanti a quelle più minute. Poi questi calendari presero la forma di libretti e si diffusero soprattutto nelle campagne con previsioni meteorologiche, predizioni sul futuro, notizie su fiere e mercati, consigli pratici: chi non ricorda per i tempi andati il Barbanera e per i nostri giorni il calendario di Frate Indovino? Dalla enorme popolarità di queste pubblicazioni nacquero addirittura frasi comuni e modi di dire entrati ormai nel nostro linguaggio quotidiano come far lunari, ovvero fare profezie senza fondamento, perdere il lunario, cioè perdere il senno o il notissimo sbarcare il lunario che non ha bisogno di spiegazioni.
Copertina Lunarietto 2005
Studio Imaginis
           Anche il nostro Lunarietto giuliano discende da questo antico e nobile filone e ovviamente oggi si snoda e di dipana in articolazioni e tematiche di moderna attualità: non a caso quest'anno il suo filo conduttore è all'insegna di storici esercizi commerciali della Venezia Giulia che ancora oggi continuano la propria attività, la nostra copertina immortala proprio uno di questi, purtroppo da qualche anno non più esistente, cioè il glorioso negozio d'abbigliamento Beltrame, nel bel disegno del pittore triestino Guglielmo Grubissa, raffigurato con la consueta freschezza d'invenzione pittorica e vena poetica dell'artista.
          Tutte le pagine del Lunarietto, quelle dedicate a Trieste e a Gorizia, alla Bisiacaria e alle altre realtà giuliane, toccano aspetti diversi e specifici, tutti comunque curiosi, divertenti, istruttivi, insomma da conoscere: sono parte della nostra storia, e in questo senso, come dicevo, il Lunarietto è un viaggio, un viaggio nei tempi andati della nostra vita, delle nostre abitudini, dei nostri costumi ma collegati e connessi poi ai giorni nostri.
          Arrivati all'ultima pagina del Lunarietto, concluso il nostro piccolo ideale viaggio, ci frullerà in testa qualche spunto di meditazione, forse anche qualche non inutile considerazione d'ordine morale: quella morale che è sottesa in un famoso dialogo delle Operette morali di Giacomo Leopardi che ha un titolo che richiama proprio il Lunarietto: Dialogo di un venditore d'almanacchi e di un passeggere (1832). Qui il passeggero si affida al caso e alla sorte perché dice che la vita è bella solo per la speranza del futuro mentre il venditore ha una sua saggezza più umana, più nostra: non chiede la felicità perché sa che non esiste ma si rimette invece alla Provvidenza e sempre con la speranza che il futuro sia migliore del passato. E alla fine anche lo scettico passeggero si affiderà alla speranza e al sogno che ogni anno nuovo porta con sé e acquisterà il lunario più bello e costoso e il venditore tornerà sereno a gridare Almanacchi, almanacchi nuovi, lunari nuovi, con le stesse parole con le quali era iniziato il dialogo, a significare che nell'uomo la speranza, il sogno e l'illusione sono più forti di ogni pensiero negativo. Prendiamo allora questo augurio del venditore e leghiamolo al nostro Lunarietto: regalandocelo e regalandolo ai nostri più cari amici, esso sarà viatico di questa speranza, di questo sogno e, perché no?, di questa illusione.
Tino Sangiglio
Tratto da Un po' di Storia - pag.120
Trieste e il
canale di Suez
È noto storicamente che il primo disegno del taglio dell'istmo fu ideato dai Veneziani all'inizio del sedicesimo secolo; e fu poi ripreso e discusso nel 1700 e nel 1800, soprattutto in Francia, da ultimo su iniziativa dell'ingegnere Ferdinando de Lesseps e col supporto di alcuni lungimiranti personaggi italiani tra cui spicca l'ingegnere Luigi Negrelli, già artefice delle comunicazioni ferroviarie svizzere e austroungariche. Negrelli, appunto, studiò a lungo il progetto tecnico del canale, realizzato dopo la sua morte (1858) dal de Lesseps. Fu l'imperatrice Eugenia ad inaugurarlo nel 1869 e il suo esercizio venne affidato ad un'apposita Compagnia del Canale che stipulò col governo egiziano una concessione per 99 anni. Aperto al libero uso delle navi di tutto il mondo, in pace e in guerra, il suo regime di neutralità venne meno soltanto nei periodi di gravi tensioni internazionali (come l'intervento armato anglo-franco-israeliano contro l'Egitto, nel 1956, e il conflitto arabo-israeliano nel 1967).
Trieste occupa un posto non indifferente nell'impresa del Canale. Tra i suoi fattivi assertori, oltre al Negrelli, si possono citare il conte Luigi Torelli e l'ingegnere Edoardo Gioia; e sopra ogni altra la figura carismatica del barone Pasquale Revoltella, tra i primi ad intuire i benefìci che sarebbero venuti all'economia dell'emporio dall'apertura delle nuove rotte per le Indie e l'Estremo Oriente.
Il Canale di Suez, via d'acqua artificiale che con un percorso di 169 chilometri da Porto Said a Suez, attraverso l'omonimo istmo, mette in comunicazione il Mediterraneo con il Mar Rosso, ha una larghezza in superficie fra i 70 e i 125 metri ed è percorribile da navi stazzanti fino a cinquantamila tonnellate.
Jole Voleri, nome d'arte di Jole Povoleri, nacque a Turriaco nel 1911, figlia del vicentino Domenico e della veneziana Vittoria Gensi. La famiglia, proveniente da Ronchi, nel 1910 venne ad abitare a Turriaco nella casa di via Roma, ora di proprietà degli eredi Bergamasco.
Jole, dopo aver frequentato le scuole superiori, per la sua bellezza fu eletta "Reginetta di Trieste" e con tale titolo all'inizio degli anni '30 partì per Roma; qui, superato l'esame di ammissione all'Accademia di Arte Drammatica recitando con Aroldo Tieri un testo di Pirandello, ebbe come insegnante la famosissima attrice Emma Gramatica. A fine corso, notata da personaggi importanti dell'ambiente cinematografico, fu scritturata per fare l'attrice, assumendo il nome d'arte di "Jole Voleri". Iniziò con brevi parti al fianco di artisti famosi, quali Nino Besoz-zi, Giara Calamai e Anna Magnani, a quel tempo anche lei agli inizi della carriera. In questo periodo ebbe una parte secondaria nel film "Manon Lescaut", una trasposizione cinematografica dell'opera lirica di Giacomo Puccini. Successivamente fu protagonista principale di alcuni film che oggi vengono classificati come appartenenti al periodo cosiddetto dei "telefoni bianchi", un genere brillante e romantico. Tre sono i film principali: "La fuggitiva", "La danza dei milioni" e "Manovre d'amore"; quando quest'ultimo fu proiettato a Turriaco nel cinema "Italia", sito in piazza, per due giorni la sala fu strapiena di gente. Nel 1938 la nostra diva trasferì a Roma la propria residenza, dove durante il periodo bellico sposò Sergio, un giovane ufficiale, e il loro felice matrimonio, pur senza figli, durò oltre mezzo secolo. Vedova dal 1999, è tuttora vivente. Il "Dizionario del cinema italiano" riporta un giudizio molto positivo sulle sue doti artistiche, condiviso dagli anziani turriachesi, i quali la ricordano anche per la sua straordinaria bellezza giovanile.
Jole Voleri, l'attrice turriachese
Tratto da Tempi Andati - pag.48
Così scrive della pubblicazione il Piccolo di Trieste il 19 dicembre 2005
La presentazione in Bisiacheria si è tenuta nella sala della Biblioteca Civica di S.Pier d'Isonzo il 15 gennaio 2006. Ha presentato il Lunarietto, il dott. Ivan Portelli con il contributo del gruppo dei Costumi Tradizionali Bisiachi.