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IL TEMPIO D'AUGUSTO DI POLA

di Gino Pavan

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IL TEMPIO D'AUGUSTO DI POLANell’ampia prefazione dovuta all’amico Robert Matijašić dell’Università di Fiume, la situazione topografica della città, i monumenti antichi di Pola e le novità sugli stessi vengono delineati con bravura e competenza. Ne risulta un panorama sintetico ma completo della città, dalla preistoria all’epoca bizantina. Matijašić lo fa sulla scorta delle indagini di scavo e degli studi da lui condotti. Le ricerche archeologiche nell’ambito cittadino sono state avviate fin dagli anni Cinquanta dagli archeologi B. Marusić e S. Mlakar, con meriti particolari dell’Ufficio tecnico della città che ha provveduto alla manutenzione e alla valorizzazione dei monumenti. Anche se molti non hanno condiviso alcune opere eseguite all’Arena. Importante è stata l’opera di Vesna Girardi-Jurkić attuale ambasciatore nella delegazione della Repubblica Croata presso l’Unesco, da responsabile del Museo archeologico dell’Istria prima, da Ministro per la Cultura poi. Nella convinzione che le vicende storiche istriane si legano al quadro della civiltà europea, ha saputo incoraggiare i singoli specialisti e formare il gruppo di giovani archeologi le cui indagini si sono estese ai siti antichi dell’Istria affinando competenze che vanno dalla preistoria al periodo romano, al bizantino a quello medioevale.

Quale introduzione al rilievo del Tempio, segue nel libro uno studio che ho dedicato al mondo della cultura veneta agli albori del Rinascimento. E una breve analisi di quanto avviene nel momento in cui giungono a Venezia e a Padova gli artisti toscani portatori del nuovo modo di fare pittura e arte. Tra questi Paolo Uccello, Andrea del Castagno, Michelozzo, Donatello, Filippo Lippi. Andrea Mantegna saprà dare un’interpretazione particolare all’arte nuova, nutrito nell’amore per l’antico dagli umanisti veneti Felice Feliciano, Giovanni Marcanova, Matteo Bosso ed anche dal suocero Jacopo Bellini. La conoscenza dei disegni dei monumenti di Pola, in particolare di quelli dell’Arco dei Sergi e del Tempio d’Augusto sarà motivo di ispirazione per questi artisti e per gli architetti del tempo. Inoltre, il perfezionamento del modo di rilevare i monumenti antichi per pianta, prospetti, sezioni e particolari, aiuterà i progettisti a raffigurare con chiarezza e logica maggiore i loro lavori.

Quanti si aspettano di trovare in questa monografia uno studio completo sul Tempio resteranno forse delusi. Le indagini che propongo sul monumento sono particolari e raccolgono testimonianze personali di lavoro e di studio eseguiti in passato ed in tempi recenti.

Presento nel successivo capitolo il rilievo del Tempio che fu la prima delle monografie pubblicate dagli Atti e Memorie della Società Istriana di Archeologia e Storia Patria nel 1971. Lo studio ormai esaurito viene ancora richiesto. Nel frattempo Attilio Krizmanić ha assunto il rilievo fotogrammetrico del monumento ed ha svolto importanti indagini sulla Triade del Foro. Sembra tuttavia che i disegni eseguiti a mano usando tiralinee e pennini conservino intatto il fascino dell’antico. Valido si presenta il raffronto proposto con il rilievo del Tempio eseguito da Andrea Palladio tra il 1546 1547. Un lavoro d’impegno per la difficoltà di lettura, di interpretazione e di corretta trascrizione delle misure vicentine e la loro riduzione nella scala metrica. Potrà sembrare inverosimile, ma lo testimonia chiaramente il raffronto analitico pubblicato, le due misurazioni eseguite a distanza di quattrocento anni si corrispondono, soprattutto nei particolari architettonici del monumento. Note come questa segnata dall’architetto vicentino nei suoi libri: "... i capitelli sono a foglie di olivo lavorati molto politamente. I caulicoli sono vestiti di foglie di Rovere, la qual varietà in pochi altri si vede e, è degna di avvertenza... " dimostrano la sua acutezza di osservazione e ne testimoniano la presenza a Pola.

Spesso mi sono chiesto se non fosse stato preferibile assumere il rilievo usando il piede romano e i relativi multipli e sottomultipli. Forse le dimensioni avrebbero assunto un particolare valore proporzionale e così i rapporti con i quali sono legati tra loro i singoli elementi architettonici.

Bisogna osservare che, dopo il rinvenimento del manoscritto di Vitruvio (1414), scoperta fondamentale per la diffusione del movimento classicheggiante, architetti, disegnatori ed artisti del Rinascimento hanno rilevato le antichità usando unità di misura differenti quali il braccio fiorentino, il piede romano, quello veneto o il vicentino. Facendo ricorso alla soluzione di lavoro per loro più pratica.

Se pensiamo all’anconetano Ciriaco de’ Pizzicolli indagatore di antichità greche fin dai primi anni del Quattrocento o alle importanti esplorazioni dei monumenti greci, siriani ed egizi, compiute dagli architetti e dai disegnatori inglesi e francesi del Sette e dell’Ottocento, constatiamo che la scala con la quale misurano i monumenti sarà sempre quella adottata nel loro Paese.

Nell’Ottocento gli edifici romani di Pola e le aree circostanti vengono quotati in Klafter di Vienna o in piedi veneti da Pietro Nobile e dai suoi collaboratori. Ciò porta a concludere che il rilievo dei monumenti col sistema di misura antico fa parte di una recente convinzione accademica da sperimentare in scala maggiore di quanto finora è stato fatto.

Nel libro segue una relazione sul restauro eseguito al Tempio dopo il bombardamento del 1945 e alcuni appunti sui lavori fatti tra il 1919 e il 1923.

Anche a Londra esistono due interessanti ricordi del Tempio di Pola. Essi vengono illustrati e commentati nel successivo capitolo, mentre in chiusura del volume una serie di disegni, rinvenuti in questi ultimi anni nell’Archivio di Stato di Trieste e in quello di Fiume (Rijeka), testimoniano l’attenzione avuta per i monumenti polesi dai restauratori dell’Ottocento, in particolare dall’architetto Pietro Nobile e dai suoi collaboratori. Al tempo stesso gli interventi evidenziano i limiti dei restauratori sui criteri teorici della conservazione. Peccati veniali, se pensiamo che ognuno di noi è figlio del suo tempo.

Luigi Pavan

(LUIGI) GINO PAVAN, nato a Trieste, architetto e consulente per i Beni Culturali. Ha studiato a Venezia e alla Scuola Archeologica Italiana di Atene, di cui ha progettato la sede. Nel 1946 inizia a Trieste la sua carriera nell’Amministrazione delle Belle Arti. A Venezia è architetto ispettore per Padova, Vicenza e Rovigo, poi Soprintendente per le provincie di Ravenna Ferrara e Forlì ed infine Soprintendente per i Beni architettonici, archeologici, artistici e storici del Fiuli-Venezia Giulia, Consigliere nel Consiglio Nazionale per i Beni Culturali e Ambientali e nel Comitato di Settore per i Beni Archeologici. Dagli interventi a favore del patrimonio storico-artistico danneggiato nell’ultima guerra, alla ricostruzione del Friuli dopo il terremoto del 1976, ha al suo attivo alcune centinaia di restauri. Ordinatore di Musei e di Grandi Mostre, curatore di cataloghi. Nei 145 scritti a stampa, ha rivolto i suoi interessi di studio alla storia dell’architettura, a quella dell’arte, alla teoria del restauro e alla storia patria; è stato docente universitario per restauro dei monumenti. É accademico della Pontificia Insigne Accademia Artistica dei Virtuosi al Pantheon, membro dell’International Council of Monuments and Sites (ICOMOS), è presidente della Società di Minerva, fondata da Domenico Rossetti nel 1810, e ne dirige la gloriosa rivista l’Archeografo Triestino.

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