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Scomparso prematuramente il 20 agosto 2008 Tino Sangiglio non lascia solo una luminosa traccia di affetti amicali. Rinvenuto tra le sue carte, un prezioso mannello di poesie testimonia come, per misteriosa intuizione, il pensiero delle morte si facesse vieppiù insistente nei pensieri dell'uomo e nelle parole del poeta. Destinate queste ultime a durare, insieme alle altre numerose testimonianze della sua attività di critico letterario e di arte figurativa, di saggista, scrittore e lirico. Capitoli di un sofferto atto d'amore per la vita e per l'uomo che possono ancora molto insegnarci: questa raccolta postuma in particolare vale come suggello ed emblema di un'esistenza improvvisamente recisa, ma ricca di affettuosi lasciti in tutti i luoghi che Sangiglio ha animato con la sua presenza trascinatrice. A coloro che hanno amato quest'uomo minuto e vitale, a coloro che ne hanno apprezzato le virtù e le doti, a coloro che rimpiangono tanta affabilità e la saggezza dell'amico quanto l'operosità dell'intellettuale, l'Istituto Giuliano di Storia, Cultura e Documentazione di Trieste e Gorizia offre queste liriche. E all'amico perduto: in perpetuum ave atque vale.

Avvertenza: le poesie di questa raccolta postuma, probabilmente stese in momenti diversi, in Italia e in Grecia, sono state ritrovate in due contenitori distinti. In attesa di rivederle, correggerle e ordinarle Tino le aveva negate alla vista di tutti (perfino a quella della moglie). Sono state perciò ordinate secondo un criterio presunto, anche grazie al generoso impegno della cognata dell'autore, prof.ssa Flavia Coretti Raffaelli. Il titolo della raccolta riprende uno dei versi delle liriche qui presentate.

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