ARTI FIGURATIVE

Nelda Stravisi

I SEGNI ANTICHI, LA MEMORIA DEL TEMPO

di Tino Sangiglio

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Copertina NELDA STRAVISINella lunga dedizione all'arte di Nelda Stravisi c'è un filo logico che con coerenza ritma e cadenza sempre il suo fare: il tempo colto in tutti i mutamenti dei suoi tempi se così si può dire, con la ferma volontà di bloccarlo sul foglio o sulla tela, di preservare quanto più possibile i suoi segni - i segni della memoria - prima della loro consunzione e dissipazione. Qui il tempo non è più una metafora ma una sorta di memoria del tempo, nel suo scorrere inesorabile e nei pochi segni che risparmia e che si condensa nella descrizione della natura con le sue metamorfosi, i suoi accadimenti, i suoi fenomeni prodigiosi: la natura come armonia nella quale l'artista coglie altri segni, quasi quelle baudelairiane corrispondenze che emettono parole confuse e disordinate ma che l'arte poi incanala, in un impeccabile désir d'ordre in strutture piene di fascinosi profumi, colori e suoni. In tutto l'itinerario artistico della Stravisi codesto filo unitario è sempre chiaramente coglibile. Lo è nel suo primo periodo creativo che dal 1948 al 1955 si realizza con la pittura ad olio, d'impianto figurativo, chiarista, con una lavorazione scarna ed essenziale dai colori tenui e delicati. Qui la Stravisi mette a frutto i suoi studi sul colore e sul disegno con una particolare attenzione alla prospettiva e una cura sollecita ai fenomeni della natura. Qui certe illustri ascendenze sono visibili anche se assai labili e senza effetti successivi: la critica ha fatto il nome, per esempio, di Pio Semeghini - ma trovo anche qualche traccia di Moranti e del nostro Brumatti - per quel trepidante tonalismo dalla lirica sensibilità, dalla vena sottilmente poetica: e levità di toni, tenuità di colori, senso della poesia sono note che resteranno costanti in tutta la produzione artistica di Nelda Stravisi. Dopo una fase di inattività, ma nella quale non sono mancati lo studio e la meditazione, l'artista torna ad esprimersi negli anni 1964 - 65 con opere di grafica, di una grafica che tendeISOLA NEL TEMPO - COMPOSIZIONE MISTA - 90 x 60 - NELDA STRAVISI ancora al figurativo ma che già evidenzia tratti sfumati, attenuati, tendenti all'astrattizzante. Poi dal 1965 al 1970 appaiono le chine colorate che da figurative approdano ben presto ad una tematica più rarefatta e tenue, sommessa ed esile, che si direbbe sia il tratto specifico dell'indole stessa dell'artista: sono i motivi lagunari e vegetali che riempiono il foglio e con essi riappare il tempo: ecco dunque ricomparire quel tenace sforzo di fermare il tempo, di recuperare almeno ciò che il tempo non ha ancora consunto o disperso in una specie di archeologia della memoria tesa a salvare ciò che è destinato a scomparire e a morire. La china è del resto una tecnica che Nelda Stravisi predilige nel raggiungimento dell'incanto degli stati d'animo; ed ancor più con una particolare variante di questa tecnica che è il lavis con la quale l'artista riesce ad esprimere una sorta di materico liquido che non è, cioè, qualcosa di corposo ma nemmeno qualcosa di acquatile, sviluppando così sempre dettagli nuovi e nuove dimensioni: fanno capolino adesso infatti i mosaici, i pezzi archeologici, le pietre, i muretti carsici, i frammenti petrosi. Nell'ambito di questo lavoro c'è dunque un passaggio importante: dai temi vegetali e lagunari la ricerca approda a quelli archeologici: la natura si trasferisce per così dire nell'archeologia (ecco allora l'idea dell'archeologia della memoria) e l'artista riscopre i valori universali legati ai temi dell'arte paleocristiana, di quella etrusca e di quella orientale mediante una ricca e sontuosa simbologia. Ma questa simbologia non è mera decorazione, è FRAMMENTO CON COLOMBA E SPIRALE - OLIO SU TELA - NELDA STRAVISIinvece esigenza di significati universali ed eterni - ed è anche un'altra costante che si ritroverà un po' in tutta la produzione della Stravisi - e viene ricavata dai segni antichi dell'arte e dell'architettura paleocristiana (la colombella che si disseta, il pavone, i pesci) o da certa arte orientale (la voluta, la spirale a significare l'alternarsi del bene e del male, del positivo e del negativo). In questo lavoro di sviluppo e di approfondimento delle tematiche e delle tecniche si nota un altro passaggio interessante e significativo: dal segno piccolo e minuto, il tratto si fa ora più ampio, più libero e dispiegato, ciò che permette ai particolari di ingrandirsi e di evidenziarsi maggiormente rendendo così possibile concentrarsi nell'analisi dei dettagli. Gli anni '80 e '90 sono estremamente proficui e fecondi nel lavoro artistico della Stravisi che alle chine accoppia l'uso felice degli olii e delle tecniche miste, come pure dei collages e delle così dette chine stracciate: è sempre l'archeologia della memoria che s'affaccia e s'impone ma arricchita e perfezionata adesso dall'affinamento dell'esperienza, dall'approfondimento e dalla maturità, è sempre quel filo legato al tempo, al tempo che consuma e divora, al tempo che occorre ancora e sempre fermare e fissare prima che tutto si dissolva e svanisca. I simboli diventano allora ancora più evidenti e insistiti e tutto s'illumina di un'aura di lirismo e di tensione poetica al servizio di una perizia tecnica che ormai ha raggiunto il suo punto più alto. Qui si condensa la rilevante esperienza artistica di Nelda Stravisi, i cui esiti futuri sono solo nella sua mente e nellNELDA STRAVISIe sue mani, che è possibile riassumere in una definizione sintetica che della formula ha sì la sommarietà ma pure l'incisività: è una perfetta fusione di memoria dell'arte antica e di moderna esecuzione ed interpretazione. Ma questi sviluppi futuri già preannunciano qualcosa di nuovo e di inedito nella sua arte: la "scoperta" della scultura in legno, l'esigenza di lavorare anche con questo corpo (avviata di recente, nel corso del 1997). Nonostante la "novità ", quest'esigenza non è per nulla in contraddizione con l'opera precedente: è sempre espressione, manifestazione, ricordo e memoria del frammento e quindi del tempo (e della natura), di ciò che è rimasto e si è salvato dalla furia della consunzione e del disfacimento. Anche queste sculture di fatto rappresentano in verità quello che è rimasto, quello che non è andato perduto: sono i resti, i relitti, i rifiuti, le reliquie, le rimanenze di ciò che è stata la vita, il soffio inestinguibile dell'essere.

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pagine composte da studioimaginis di Trieste